Le ‘Frascherie’ sono una corposa raccolta di satire e di versi di ogni tipo incastonate in una prosa che finge di raccontare i discorsi tenuti da un gruppo di dotti amici. L’analisi di questo testo prende le mosse dalla lunga riflessione sulle origini, le forme, la storia e le finalità del genere satirico contenute nel secondo "fascio" per evidenziare come Abati, forzando le poetiche contemporanee relative a questo genere e avvicinandole a quelle dell’eroicomico, concepisca la satira come “forma d’arte assoluta” e suprema prova del genio. Il confronto con i precedenti studiosi del genere (Poliziano, Scaligero, Casaubon), con le tendenze in atto in merito all’imitazione di Orazio o di Giovenale (e con la contemporanea moda della satira varroniana), nonché con la riflessione sul ruolo dei “ridicoli” nella letteratura e nella vita di corte (con riferimento a Pontano e a Castiglione), conduce a due conclusioni: Abati riteneva che le ‘Frascherie’ fossero il culmine di quell’arte satirica della quale contenevano la stessa teorizzazione e che dunque lo incoronassero maestro indiscusso dell’arte poetica; Abati, per quanto a lungo cortigiano, aveva una concezione “alta” e anticortigiana della letteratura satirica, come arma di critica libera e autonoma dell’intellettuale nei confronti del potere.

Le 'Frascherie' dell'Abati come satyra varroniana e Gesamtkunstwerk

Malavasi, M.
2019-01-01

Abstract

Le ‘Frascherie’ sono una corposa raccolta di satire e di versi di ogni tipo incastonate in una prosa che finge di raccontare i discorsi tenuti da un gruppo di dotti amici. L’analisi di questo testo prende le mosse dalla lunga riflessione sulle origini, le forme, la storia e le finalità del genere satirico contenute nel secondo "fascio" per evidenziare come Abati, forzando le poetiche contemporanee relative a questo genere e avvicinandole a quelle dell’eroicomico, concepisca la satira come “forma d’arte assoluta” e suprema prova del genio. Il confronto con i precedenti studiosi del genere (Poliziano, Scaligero, Casaubon), con le tendenze in atto in merito all’imitazione di Orazio o di Giovenale (e con la contemporanea moda della satira varroniana), nonché con la riflessione sul ruolo dei “ridicoli” nella letteratura e nella vita di corte (con riferimento a Pontano e a Castiglione), conduce a due conclusioni: Abati riteneva che le ‘Frascherie’ fossero il culmine di quell’arte satirica della quale contenevano la stessa teorizzazione e che dunque lo incoronassero maestro indiscusso dell’arte poetica; Abati, per quanto a lungo cortigiano, aveva una concezione “alta” e anticortigiana della letteratura satirica, come arma di critica libera e autonoma dell’intellettuale nei confronti del potere.
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