È possibile individuare relazioni significative tra la dottrina nietzscheana della volontà di potenza e la più ardita reductio ad unum tentata dalla filosofia della fisica, tra fine Ottocento e inizi Novecento, ovvero, il tentativo di ridurre ogni ente e fenomeno a manifestazione di una forma, o di un processo di trasformazione, dell’“energia”? Studi recenti e meno recenti mostrano che Nietzsche, prendendo le mosse dalla lettura della Storia del materialismo di Friedrich A. Lange , da lui acquistata a pochi mesi dalla pubblicazione nel 1866, seguì il dibattito sulle teorie fisiche più discusse del suo tempo e rifletté sulle loro implicazioni ontologiche e cosmologiche, interessandosi, in particolare, dal 1873 in poi, alla riscoperta della teoria dei “punti forza”, esposta da Ruggero Giuseppe Boscovich nella sua Philosophiae naturalis Theoria (1759), promossa da studiosi come il matematico Louis Cauchy, il fisico Michael Faraday, il filosofo-scienziato Johann Gustav Vogt. Sappiamo, altresì, che Nietzsche studiò “autori come Liebmann, Zöllner, Fechner, Spir, Caspari, Helmholtz, Mayer, Mach” che, con approcci diversi, avevano contribuito alla formulazione del moderno concetto di “energia” e al dibattito da essa scaturito, e seguì la diatriba sulla graduale dissipazione dell’energia e la conseguente morte termica dell’universo seguita all’enunciazione del secondo principio della termodinamica, che nella cultura filosofica tedesca si rifletteva nei contributi di pensatori “positivisti e neokantiani come Wilhelm Wundt, Karl W. Nägeli, Friedrich Zöllner, Otto Liebmann, Kurt Lasswitz” . A quali esiti filosofici condusse questo confronto? Influirono quelle letture sulle formulazioni del concetto di “volontà di potenza” cui Nietzsche pervenne negli anni Ottanta? Secondo l’ipotesi che in questo saggio si tenta di vagliare, è possibile distinguere, negli scritti di Nietzsche di quel decennio, sia tentazioni di risolvere in una metafisica energetista la sua critica della conoscenza, sia tentativi di trasvalutare in chiave anti-metafisica il riduzionismo energetista già emergente ai suoi tempi. Un concetto, originariamente introdotto dal fisico-medico Julius Robert Mayer, quello di Auslösung, acquisì crescente importanza negli studi che il filosofo finalizzò ad una formulazione il più possibile rigorosa della nozione di “v. d. p.”. Proprio in Mayer e nel suo concetto di Auslösung, il Premio Nobel per la chimica Wilhelm Ostwald avrebbe poi riconosciuto, qualche anno dopo, a torto o a ragione, rispettivamente, l’iniziatore e il nucleo teorico di quell’orientamento filosofico che egli chiamò “energetica” o energetismo. Nietzsche ne era stato, suo avviso, il più importante esponente filosofico. Quest’ultimo, però, riconosceva, sia a Mayer sia a se stesso, una distanza dall’energetismo, sia pur fondata, nell’uno e nell’altro, su motivazioni radicalmente differenti: l’impianto dualistico basato sul binomio materia/energia, nel caso del medico-fisico; la distanza tra qualunque monismo e il suo prospettivismo, nel caso di Nietzsche. Tramite quest’ultimo, veniva, infatti, a delinearsi, nel pensiero del filosofo, uno scarto tra la dottrina della “volontà di potenza” (Wille zur Macht) e il progetto di una “trasvalutazione di tutti i valori” (Umwertung aller Werte), paragonabile a quello tra un’esposizione “divulgativa” e la trama critico-teoretica del suo filosofare
Nietzsche, l’Auslösung, e la reductio ad unum energetista
Marco Celentano
2018-01-01
Abstract
È possibile individuare relazioni significative tra la dottrina nietzscheana della volontà di potenza e la più ardita reductio ad unum tentata dalla filosofia della fisica, tra fine Ottocento e inizi Novecento, ovvero, il tentativo di ridurre ogni ente e fenomeno a manifestazione di una forma, o di un processo di trasformazione, dell’“energia”? Studi recenti e meno recenti mostrano che Nietzsche, prendendo le mosse dalla lettura della Storia del materialismo di Friedrich A. Lange , da lui acquistata a pochi mesi dalla pubblicazione nel 1866, seguì il dibattito sulle teorie fisiche più discusse del suo tempo e rifletté sulle loro implicazioni ontologiche e cosmologiche, interessandosi, in particolare, dal 1873 in poi, alla riscoperta della teoria dei “punti forza”, esposta da Ruggero Giuseppe Boscovich nella sua Philosophiae naturalis Theoria (1759), promossa da studiosi come il matematico Louis Cauchy, il fisico Michael Faraday, il filosofo-scienziato Johann Gustav Vogt. Sappiamo, altresì, che Nietzsche studiò “autori come Liebmann, Zöllner, Fechner, Spir, Caspari, Helmholtz, Mayer, Mach” che, con approcci diversi, avevano contribuito alla formulazione del moderno concetto di “energia” e al dibattito da essa scaturito, e seguì la diatriba sulla graduale dissipazione dell’energia e la conseguente morte termica dell’universo seguita all’enunciazione del secondo principio della termodinamica, che nella cultura filosofica tedesca si rifletteva nei contributi di pensatori “positivisti e neokantiani come Wilhelm Wundt, Karl W. Nägeli, Friedrich Zöllner, Otto Liebmann, Kurt Lasswitz” . A quali esiti filosofici condusse questo confronto? Influirono quelle letture sulle formulazioni del concetto di “volontà di potenza” cui Nietzsche pervenne negli anni Ottanta? Secondo l’ipotesi che in questo saggio si tenta di vagliare, è possibile distinguere, negli scritti di Nietzsche di quel decennio, sia tentazioni di risolvere in una metafisica energetista la sua critica della conoscenza, sia tentativi di trasvalutare in chiave anti-metafisica il riduzionismo energetista già emergente ai suoi tempi. Un concetto, originariamente introdotto dal fisico-medico Julius Robert Mayer, quello di Auslösung, acquisì crescente importanza negli studi che il filosofo finalizzò ad una formulazione il più possibile rigorosa della nozione di “v. d. p.”. Proprio in Mayer e nel suo concetto di Auslösung, il Premio Nobel per la chimica Wilhelm Ostwald avrebbe poi riconosciuto, qualche anno dopo, a torto o a ragione, rispettivamente, l’iniziatore e il nucleo teorico di quell’orientamento filosofico che egli chiamò “energetica” o energetismo. Nietzsche ne era stato, suo avviso, il più importante esponente filosofico. Quest’ultimo, però, riconosceva, sia a Mayer sia a se stesso, una distanza dall’energetismo, sia pur fondata, nell’uno e nell’altro, su motivazioni radicalmente differenti: l’impianto dualistico basato sul binomio materia/energia, nel caso del medico-fisico; la distanza tra qualunque monismo e il suo prospettivismo, nel caso di Nietzsche. Tramite quest’ultimo, veniva, infatti, a delinearsi, nel pensiero del filosofo, uno scarto tra la dottrina della “volontà di potenza” (Wille zur Macht) e il progetto di una “trasvalutazione di tutti i valori” (Umwertung aller Werte), paragonabile a quello tra un’esposizione “divulgativa” e la trama critico-teoretica del suo filosofareFile | Dimensione | Formato | |
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