A un secolo dalla rivoluzione che investì il più vasto paese d’Europa, suscitando in milioni di persone speranze di riscatto, e tradendo quelle speranze in una manciata di giorni, mesi, o anni, a seconda delle interpretazioni, vale la pena interrogarsi ancora su quell’esperienza collettiva e sul suo tragico fallimento? Uomini di un’epoca - gli albori del XXI secolo - che non sembra scorgere all’orizzonte più alcuna prospettiva di trasformazione libertaria delle società umana, e lascia invece scatenare senza freni gli appetiti di potenza di ogni singolo Stato o regione, di ogni gruppo di pressione o potere, volgendo il pensiero a quella rivoluzione di un secolo fa e a un intero secolo di fallite rivoluzioni “proletarie”, noi siamo inevitabilmente condotti ad interrogarci sulle chanches che quel passato ci ha tolto o lasciato. A noi tocca oggi chiederci se il “comunismo” sia ferrovecchio inevitabilmente autoritario, da buttar via, o esigenza di contemperare libertà, uguaglianza e cooperazione che albergherà sempre, magari con altri nomi, nelle menti e società umane. È nostro compito ripensare criticamente questa domanda, che divise in blocchi contrapposti l’umanità del Novecento e scatenò all’interno degli stessi lotte fratricide, di cui ancora alcuni superstiti di quella stagione agitano pateticamente i fantasmi. Personalmente, ho pensato di farlo, in queste pagine, prendendo spunto da un’opera che nacque in quella temperie e narrò l’epopea di quella rivoluzione da un punto di vista non apologetico, attraverso lo sguardo di un singolo individuo immerso nel suo travolgente fluire: il Doktor Živago di Borís Pasternàk.
La rivoluzione mancata - Divagazioni su Doktor Živago
Marco Celentano
2018-01-01
Abstract
A un secolo dalla rivoluzione che investì il più vasto paese d’Europa, suscitando in milioni di persone speranze di riscatto, e tradendo quelle speranze in una manciata di giorni, mesi, o anni, a seconda delle interpretazioni, vale la pena interrogarsi ancora su quell’esperienza collettiva e sul suo tragico fallimento? Uomini di un’epoca - gli albori del XXI secolo - che non sembra scorgere all’orizzonte più alcuna prospettiva di trasformazione libertaria delle società umana, e lascia invece scatenare senza freni gli appetiti di potenza di ogni singolo Stato o regione, di ogni gruppo di pressione o potere, volgendo il pensiero a quella rivoluzione di un secolo fa e a un intero secolo di fallite rivoluzioni “proletarie”, noi siamo inevitabilmente condotti ad interrogarci sulle chanches che quel passato ci ha tolto o lasciato. A noi tocca oggi chiederci se il “comunismo” sia ferrovecchio inevitabilmente autoritario, da buttar via, o esigenza di contemperare libertà, uguaglianza e cooperazione che albergherà sempre, magari con altri nomi, nelle menti e società umane. È nostro compito ripensare criticamente questa domanda, che divise in blocchi contrapposti l’umanità del Novecento e scatenò all’interno degli stessi lotte fratricide, di cui ancora alcuni superstiti di quella stagione agitano pateticamente i fantasmi. Personalmente, ho pensato di farlo, in queste pagine, prendendo spunto da un’opera che nacque in quella temperie e narrò l’epopea di quella rivoluzione da un punto di vista non apologetico, attraverso lo sguardo di un singolo individuo immerso nel suo travolgente fluire: il Doktor Živago di Borís Pasternàk.File | Dimensione | Formato | |
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