Senza naturalmente mettere in discussione la capacità di un sistema elettorale di condizionare la forma di governo (oltre che il sistema dei partiti), le mutevoli proposte di modifica della legge elettorale (indistintamente individuate con l’etichetta Italicum) sembrano da ultimo delineare una formula a doppio turno in cui, a differenza del caso francese, il ballottaggio non è di collegio ma su scala nazionale, risolvendosi, di fatto, in una elezione diretta (non del Presidente della Repubblica ma) del Presidente del Consiglio dei ministri. L’effetto distorsivo finisce con l’essere macroscopico e duplice: rispetto alla rappresentatività dell’assemblea parlamentare (in una prospettiva, peraltro, che tende a divenire di sostanziale monocameralismo), per un effetto premiante che gioca esclusivamente a favore di singole liste (e non più di potenziali coalizioni); rispetto al modello francese – se assunto come improprio termine di raffronto – perché viene meno la peculiare diarchia che connota quel sistema, restando il Presidente della Repubblica del tutto esterno al circuito dell’indirizzo politico di maggioranza. Nonostante talune assonanze (comunicativamente enfatizzate) la distanza dal sistema francese (a sua volta – come detto – non esente da criticità) è notevole; e l’assetto di forma di governo che si intende introdurre per via di modifica della legislazione elettorale finisce con l’essere molto più sbilanciata in senso personalistico e monocratico del modello impropriamente assunto a paradigma.

Un mito comparativo: il caso francese e le traslazioni impossibili

PASTORE, Fulvio
2014-01-01

Abstract

Senza naturalmente mettere in discussione la capacità di un sistema elettorale di condizionare la forma di governo (oltre che il sistema dei partiti), le mutevoli proposte di modifica della legge elettorale (indistintamente individuate con l’etichetta Italicum) sembrano da ultimo delineare una formula a doppio turno in cui, a differenza del caso francese, il ballottaggio non è di collegio ma su scala nazionale, risolvendosi, di fatto, in una elezione diretta (non del Presidente della Repubblica ma) del Presidente del Consiglio dei ministri. L’effetto distorsivo finisce con l’essere macroscopico e duplice: rispetto alla rappresentatività dell’assemblea parlamentare (in una prospettiva, peraltro, che tende a divenire di sostanziale monocameralismo), per un effetto premiante che gioca esclusivamente a favore di singole liste (e non più di potenziali coalizioni); rispetto al modello francese – se assunto come improprio termine di raffronto – perché viene meno la peculiare diarchia che connota quel sistema, restando il Presidente della Repubblica del tutto esterno al circuito dell’indirizzo politico di maggioranza. Nonostante talune assonanze (comunicativamente enfatizzate) la distanza dal sistema francese (a sua volta – come detto – non esente da criticità) è notevole; e l’assetto di forma di governo che si intende introdurre per via di modifica della legislazione elettorale finisce con l’essere molto più sbilanciata in senso personalistico e monocratico del modello impropriamente assunto a paradigma.
2014
978-88-243-2349-9
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