In the mid-sixties and early seventies, the debate regarding the economic literature regarding professional sports has been characterized by the dialectical clash between two different conceptions, which found expression in the pioneering contributions of Neale and Sloane. Neale develops his analysis by emphasizing the unique nature of the production function in professional sports: in all competitions, in fact, it produces the paradox that the stronger the competitors the greater the gain of each individual participant in the race, which is closely linked interest that it arouses in the audience. This discussion could lead to the conclusion that sport is an area where the principles do not apply traditional economic view that, for a single character, the attainment of a position of absolute pre-eminence is less advantageous than that achieved in a situation of perfect competition . In order to bring the sport in the canons of traditional economics, the author distinguishes between economic competition and sport though, in sports competition, are the individual clubs to compete, this is not the case in economic perspective where no team is able to meet still satisfy the demand of the individual market as a whole.If this happens, there would be no competitors against which to fight and, therefore, the game would lose its meaning. It follows that individual teams are required to cooperate to realize every match and to make vital competition, helping to provide a product or congiunt. No coincidence that the alloys of the national football championships cam exert strict control over the means of access to the league, as well as a wide range of issues concerning the operation of the championships, including the rules of the game, the schedule and rules mobility of footballers. Indeed, according to the author, in practice, the role of enterprise in the economic sense would be held not by individuals but by the league club membership, which would act as a multi-divisional firm, in which each club is a division subject to the decisions that are taken and implemented at the collective level. To the objection that there is no real competition between several leagues to gain prominence on the market, Neale argues that the characteristics of demand in the market for professional sports create the conditions for the establishment of a natural monopoly, ensuring greater efficiency the situation in which both a single alloy to satisfy the entire market. Sloane does not share the conclusions of empirical Neale assuming that the alloys have limited powers and does not know rebbero, in fact, able to influence the decisions of major clubs, including investment properties and on the stages of the park players. In essence, he believes that Neale tends to overestimate the mutual interdependence between a company, emphasizing that the motivation to produce the same goods in common are not conditions necessary nor sufficient to analyze the sector by comparing the alloy multi company divisional. On this basis, Sloane investigates the motives that induce investors to acquire majority interests of the football club or otherwise, to invest in this area, noting that they are usually individuals who have achieved success in other fields of entrepreneurship and are motivated by desires for prestige, power or, more simply, sports enthusiasm tied to the satisfaction of seeing their club primeg jars in the fields of play.In any case, what seems to emerge clearly is that these individuals are not driven by the pursuit of profit, but rather by the maximization of their utility function. In the preceding pages the issue of governance of football clubs has been addressed from the perspective proposed by Sloane, analyzing the problems that individual clubs are facing in the ongoing search for a competitive edge over competitors. This chapter aims to explore the governance of the 'football' as a whole from the perspective of Neale, on the assumption that a tight dialectic between the two perspectives will yield useful information essential to the governing bodies of companies professional football. In this vein, it is useful to a preliminary investigation on the nature of the economic well represented by the spectacle of football, with the aim of identifying characteristics compared to other forms of in-holding, then, attention will be focused on the role of uncertainty in sports competitions, highlighting the trend manifested in the competitive balance in major championships dispu Tati European countries in recent years. They will then put out the main implications in terms of mini sports policy emerging from a management model of the system represented by the coexistence of calcium forms of competition and collaboration between clubs. Verso la metà degli anni Sessanta e l’inizio degli anni Settanta, il dibattito in tema di letteratura economica inerente gli sport professionistici è stato caratterizzato dallo scontro dialettico tra due concezioni diverse, che trovavano espressione nei contributi pioneristici di Neale e di Sloane. Neale sviluppa la sua analisi enfatizzando la natura singolare della funzione di produzione negli sport professionistici: in tutte le competizioni, infatti, si realizza il paradosso secondo cui più è forte il competitor più cresce il guadagno di ogni singolo partecipante alla gara, che è strettamente collegato all’interesse che essa suscita negli spettatori. Tale riflessione potrebbe indurre alla conclusione che lo sport è un settore in cui non valgono i principi tradizionali dell’economia considerato che, per il singolo protagonista, il conseguimento di una posizione di preminenza assoluta risulta meno vantaggiosa di quella raggiunta in una situazione di concorrenza perfetta. Allo scopo di ricondurre lo sport nei canoni dell’economia tradizionale, l’Autore distingue tra competizione economica e sportiva: se, nella gara sportiva, sono i singoli club a competere, ciò non accade nella prospettiva economica dove nessun team è in grado di soddisfare singolarmente la domanda del mercato nel suo complesso. Ove ciò accadesse, non vi sarebbe alcun competitor contro cui battersi e, pertanto, il gioco perderebbe di significato. Ne consegue che i singoli team sono tenuti a cooperare per concretizzare ogni match e per rendere vitale la competizione, concorrendo a fornire un prodotto congiunto. Non a caso le leghe dei campionati di calcio nazionali esercitano uno stretto controllo sulle modalità di accesso alla lega, oltre che su un’ampia gamma di problematiche attinenti il funzionamento dei campionati, tra cui le regole di gioco, il calendario e le norme sulla mobilità dei calciatori. Anzi, secondo l’Autore, in pratica, il ruolo di impresa in senso economico sarebbe svolto non dai singoli club ma dalla lega di appartenenza, la quale si comporterebbe come un’impresa multi divisionale, in cui ciascun club rappresenta una divisione soggetta alle decisioni che sono assunte e implementate a livello collettivo. All’obiezione che non esista una vera e propria competizione tra più leghe per acquisire la preminenza sul mercato di riferimento, Neale replica che le caratteristiche della domanda nel mercato degli sport professionistici creano le condizioni per l’istituzione di un monopolio naturale, garantendo maggiore efficienza alla situazione in cui sia una sola lega a soddisfare l’intero mercato di riferimento. Sloane non condivide le conclusioni di Neale partendo dal presupposto empirico che le leghe avrebbero poteri limitati e non sarebbero, di fatto, in grado di influenzare i club su decisioni di grande rilievo, tra cui gli investimenti sugli stadi di proprietà e sul «parco giocatori». In sostanza, egli ritiene che Neale tenda a sovrastimare le mutue interdipendenze tra le società, sottolineando che le motivazioni che inducono le stesse a produrre un bene in comune non costituiscono condizioni necessarie né sufficienti per analizzare il settore paragonando la lega a un’impresa multi divisionale. Sulla base di tale presupposto, Sloane indaga sulle motivazioni che inducono gli investitori ad acquisire partecipazioni di maggioranza delle società di calcio o, comunque, a investire nel settore in questione, osservando che essi solitamente sono individui che hanno ottenuto successo in altri campi dell’imprenditoria e sono mossi dai desideri di prestigio, di potere o, più semplicemente, dall’entusiasmo sportivo legato alla soddisfazione di vedere il proprio club primeggiare nei campi di gioco. In ogni caso, ciò che sembra emergere in modo evidente è che tali individui non sono mossi dalla ricerca del profitto, quanto piuttosto dalla massimizzazione della loro funzione di utilità. Nelle pagine precedenti il tema della governance delle società di calcio è stato affrontato nella prospettiva proposta da Sloane, analizzando le problematiche che i singoli club sono chiamati ad affrontare nella ricerca continua di un vantaggio competitivo rispetto ai concorrenti. Il presente capitolo si pone l’obiettivo di esplorare la governance del sistema «calcio» nel suo complesso secondo l’ottica di Neale, nel presupposto che da una dialettica serrata tra le due prospettive possano scaturire utili indicazioni strategiche per gli organi di governo delle società di calcio professionistiche. A tale scopo, sembra utile un’indagine preliminare sulla natura economica del bene rappresentato dallo spettacolo calcistico, con l’obiettivo di individuarne le peculiarità rispetto ad altre forme di in- trattenimento; successivamente, l’attenzione sarà focalizzata sul ruolo dell’incertezza nelle competizioni sportive, ponendo in evidenza il trend dell’equilibrio competitivo manifestatosi nei campionati disputati nei principali Paesi europei negli ultimi anni. Saranno, poi, poste in rilievo le principali implicazioni in termini di politica sportiva emergenti da un modello di gestione del sistema calcio rappresentato dalla coesistenza tra forme di competizione e collaborazione tra club.
La Governance del sistema calcio: profili economico-aziendali e gestionali
TREQUATTRINI, Raffaele;RUSSO, Giuseppe;
2011-01-01
Abstract
In the mid-sixties and early seventies, the debate regarding the economic literature regarding professional sports has been characterized by the dialectical clash between two different conceptions, which found expression in the pioneering contributions of Neale and Sloane. Neale develops his analysis by emphasizing the unique nature of the production function in professional sports: in all competitions, in fact, it produces the paradox that the stronger the competitors the greater the gain of each individual participant in the race, which is closely linked interest that it arouses in the audience. This discussion could lead to the conclusion that sport is an area where the principles do not apply traditional economic view that, for a single character, the attainment of a position of absolute pre-eminence is less advantageous than that achieved in a situation of perfect competition . In order to bring the sport in the canons of traditional economics, the author distinguishes between economic competition and sport though, in sports competition, are the individual clubs to compete, this is not the case in economic perspective where no team is able to meet still satisfy the demand of the individual market as a whole.If this happens, there would be no competitors against which to fight and, therefore, the game would lose its meaning. It follows that individual teams are required to cooperate to realize every match and to make vital competition, helping to provide a product or congiunt. No coincidence that the alloys of the national football championships cam exert strict control over the means of access to the league, as well as a wide range of issues concerning the operation of the championships, including the rules of the game, the schedule and rules mobility of footballers. Indeed, according to the author, in practice, the role of enterprise in the economic sense would be held not by individuals but by the league club membership, which would act as a multi-divisional firm, in which each club is a division subject to the decisions that are taken and implemented at the collective level. To the objection that there is no real competition between several leagues to gain prominence on the market, Neale argues that the characteristics of demand in the market for professional sports create the conditions for the establishment of a natural monopoly, ensuring greater efficiency the situation in which both a single alloy to satisfy the entire market. Sloane does not share the conclusions of empirical Neale assuming that the alloys have limited powers and does not know rebbero, in fact, able to influence the decisions of major clubs, including investment properties and on the stages of the park players. In essence, he believes that Neale tends to overestimate the mutual interdependence between a company, emphasizing that the motivation to produce the same goods in common are not conditions necessary nor sufficient to analyze the sector by comparing the alloy multi company divisional. On this basis, Sloane investigates the motives that induce investors to acquire majority interests of the football club or otherwise, to invest in this area, noting that they are usually individuals who have achieved success in other fields of entrepreneurship and are motivated by desires for prestige, power or, more simply, sports enthusiasm tied to the satisfaction of seeing their club primeg jars in the fields of play.In any case, what seems to emerge clearly is that these individuals are not driven by the pursuit of profit, but rather by the maximization of their utility function. In the preceding pages the issue of governance of football clubs has been addressed from the perspective proposed by Sloane, analyzing the problems that individual clubs are facing in the ongoing search for a competitive edge over competitors. This chapter aims to explore the governance of the 'football' as a whole from the perspective of Neale, on the assumption that a tight dialectic between the two perspectives will yield useful information essential to the governing bodies of companies professional football. In this vein, it is useful to a preliminary investigation on the nature of the economic well represented by the spectacle of football, with the aim of identifying characteristics compared to other forms of in-holding, then, attention will be focused on the role of uncertainty in sports competitions, highlighting the trend manifested in the competitive balance in major championships dispu Tati European countries in recent years. They will then put out the main implications in terms of mini sports policy emerging from a management model of the system represented by the coexistence of calcium forms of competition and collaboration between clubs. Verso la metà degli anni Sessanta e l’inizio degli anni Settanta, il dibattito in tema di letteratura economica inerente gli sport professionistici è stato caratterizzato dallo scontro dialettico tra due concezioni diverse, che trovavano espressione nei contributi pioneristici di Neale e di Sloane. Neale sviluppa la sua analisi enfatizzando la natura singolare della funzione di produzione negli sport professionistici: in tutte le competizioni, infatti, si realizza il paradosso secondo cui più è forte il competitor più cresce il guadagno di ogni singolo partecipante alla gara, che è strettamente collegato all’interesse che essa suscita negli spettatori. Tale riflessione potrebbe indurre alla conclusione che lo sport è un settore in cui non valgono i principi tradizionali dell’economia considerato che, per il singolo protagonista, il conseguimento di una posizione di preminenza assoluta risulta meno vantaggiosa di quella raggiunta in una situazione di concorrenza perfetta. Allo scopo di ricondurre lo sport nei canoni dell’economia tradizionale, l’Autore distingue tra competizione economica e sportiva: se, nella gara sportiva, sono i singoli club a competere, ciò non accade nella prospettiva economica dove nessun team è in grado di soddisfare singolarmente la domanda del mercato nel suo complesso. Ove ciò accadesse, non vi sarebbe alcun competitor contro cui battersi e, pertanto, il gioco perderebbe di significato. Ne consegue che i singoli team sono tenuti a cooperare per concretizzare ogni match e per rendere vitale la competizione, concorrendo a fornire un prodotto congiunto. Non a caso le leghe dei campionati di calcio nazionali esercitano uno stretto controllo sulle modalità di accesso alla lega, oltre che su un’ampia gamma di problematiche attinenti il funzionamento dei campionati, tra cui le regole di gioco, il calendario e le norme sulla mobilità dei calciatori. Anzi, secondo l’Autore, in pratica, il ruolo di impresa in senso economico sarebbe svolto non dai singoli club ma dalla lega di appartenenza, la quale si comporterebbe come un’impresa multi divisionale, in cui ciascun club rappresenta una divisione soggetta alle decisioni che sono assunte e implementate a livello collettivo. All’obiezione che non esista una vera e propria competizione tra più leghe per acquisire la preminenza sul mercato di riferimento, Neale replica che le caratteristiche della domanda nel mercato degli sport professionistici creano le condizioni per l’istituzione di un monopolio naturale, garantendo maggiore efficienza alla situazione in cui sia una sola lega a soddisfare l’intero mercato di riferimento. Sloane non condivide le conclusioni di Neale partendo dal presupposto empirico che le leghe avrebbero poteri limitati e non sarebbero, di fatto, in grado di influenzare i club su decisioni di grande rilievo, tra cui gli investimenti sugli stadi di proprietà e sul «parco giocatori». In sostanza, egli ritiene che Neale tenda a sovrastimare le mutue interdipendenze tra le società, sottolineando che le motivazioni che inducono le stesse a produrre un bene in comune non costituiscono condizioni necessarie né sufficienti per analizzare il settore paragonando la lega a un’impresa multi divisionale. Sulla base di tale presupposto, Sloane indaga sulle motivazioni che inducono gli investitori ad acquisire partecipazioni di maggioranza delle società di calcio o, comunque, a investire nel settore in questione, osservando che essi solitamente sono individui che hanno ottenuto successo in altri campi dell’imprenditoria e sono mossi dai desideri di prestigio, di potere o, più semplicemente, dall’entusiasmo sportivo legato alla soddisfazione di vedere il proprio club primeggiare nei campi di gioco. In ogni caso, ciò che sembra emergere in modo evidente è che tali individui non sono mossi dalla ricerca del profitto, quanto piuttosto dalla massimizzazione della loro funzione di utilità. Nelle pagine precedenti il tema della governance delle società di calcio è stato affrontato nella prospettiva proposta da Sloane, analizzando le problematiche che i singoli club sono chiamati ad affrontare nella ricerca continua di un vantaggio competitivo rispetto ai concorrenti. Il presente capitolo si pone l’obiettivo di esplorare la governance del sistema «calcio» nel suo complesso secondo l’ottica di Neale, nel presupposto che da una dialettica serrata tra le due prospettive possano scaturire utili indicazioni strategiche per gli organi di governo delle società di calcio professionistiche. A tale scopo, sembra utile un’indagine preliminare sulla natura economica del bene rappresentato dallo spettacolo calcistico, con l’obiettivo di individuarne le peculiarità rispetto ad altre forme di in- trattenimento; successivamente, l’attenzione sarà focalizzata sul ruolo dell’incertezza nelle competizioni sportive, ponendo in evidenza il trend dell’equilibrio competitivo manifestatosi nei campionati disputati nei principali Paesi europei negli ultimi anni. Saranno, poi, poste in rilievo le principali implicazioni in termini di politica sportiva emergenti da un modello di gestione del sistema calcio rappresentato dalla coesistenza tra forme di competizione e collaborazione tra club.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.