Il dubbio circa la compatibilità della “ragion di Stato” con lo Stato democratico di diritto vanno risolti positivamente solo nella misura in cui lo Stato non sia considerato come un valore in sé, ma come un ordinamento giuridico finalizzato a inverare il principio personalista, principale architrave di ogni democrazia matura; ovvero, a riconoscere e garantire i diritti inviolabili della persona umana, non solo come singolo, ma anche nelle formazioni sociali nelle quali si svolge la sua personalità. Dunque, la deroga all’ordinario funzionamento della giustizia per “ragion di Stato”, potrà essere considerata conforme a Costituzione, in questa prospettiva, solo se: volta a tutelare un bene giuridico costituzionale bilanciabile con il bene costituzionale (o i beni costituzionali) compresso (o compressi) dalla deroga; di dimensioni congrue rispetto alle esigenze di tutela del bene costituzionale in questione, secondo criteri di ragionevolezza, razionalità e proporzionalità; di durata strettamente necessaria alla tutela del bene costituzionale in questione; introdotta con legge costituzionale negli ordinamenti caratterizzati da una Costituzione rigida. Diversa è la questione concernente un eventuale abuso o uso illegittimo di tali discipline derogatorie, che dovrà essere reso giustiziabile in una adeguata sede politica e/o giurisdizionale. Nel rispetto dei principî e dei criteri su indicati, non credo possa destare alcuno scandalo la previsione di istituti di giustizia politica, che anzi possono in tal caso persino costituire un’utile e benefica garanzia di importanti valori costituzionali. Compito dei legislatori costituzionali è pertanto quello - non facile, né popolare - di elaborare soluzioni che realizzino un efficace bilanciamento dei principî costituzionali coinvolti; mentre, compito dei giudici costituzionali sarà non solo quello di verificare la conformità a Costituzione di tali discipline derogatorie, ma anche quello di verificare che l’utilizzo di tali Istituti di garanzia non avvenga in modo illegittimo.

Justice politique et raison d'Ètat

PASTORE, Fulvio
2010-01-01

Abstract

Il dubbio circa la compatibilità della “ragion di Stato” con lo Stato democratico di diritto vanno risolti positivamente solo nella misura in cui lo Stato non sia considerato come un valore in sé, ma come un ordinamento giuridico finalizzato a inverare il principio personalista, principale architrave di ogni democrazia matura; ovvero, a riconoscere e garantire i diritti inviolabili della persona umana, non solo come singolo, ma anche nelle formazioni sociali nelle quali si svolge la sua personalità. Dunque, la deroga all’ordinario funzionamento della giustizia per “ragion di Stato”, potrà essere considerata conforme a Costituzione, in questa prospettiva, solo se: volta a tutelare un bene giuridico costituzionale bilanciabile con il bene costituzionale (o i beni costituzionali) compresso (o compressi) dalla deroga; di dimensioni congrue rispetto alle esigenze di tutela del bene costituzionale in questione, secondo criteri di ragionevolezza, razionalità e proporzionalità; di durata strettamente necessaria alla tutela del bene costituzionale in questione; introdotta con legge costituzionale negli ordinamenti caratterizzati da una Costituzione rigida. Diversa è la questione concernente un eventuale abuso o uso illegittimo di tali discipline derogatorie, che dovrà essere reso giustiziabile in una adeguata sede politica e/o giurisdizionale. Nel rispetto dei principî e dei criteri su indicati, non credo possa destare alcuno scandalo la previsione di istituti di giustizia politica, che anzi possono in tal caso persino costituire un’utile e benefica garanzia di importanti valori costituzionali. Compito dei legislatori costituzionali è pertanto quello - non facile, né popolare - di elaborare soluzioni che realizzino un efficace bilanciamento dei principî costituzionali coinvolti; mentre, compito dei giudici costituzionali sarà non solo quello di verificare la conformità a Costituzione di tali discipline derogatorie, ma anche quello di verificare che l’utilizzo di tali Istituti di garanzia non avvenga in modo illegittimo.
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