Una delle tendenze di fondo delle democrazie moderne, manifestatasi con particolare evidenza negli ultimi due decenni in molti Paesi membri dell’Unione Europea, consiste nella ridefinizione delle funzioni legislative parlamentari e del ruolo della legge nel sistema delle fonti, in conseguenza di una serie di fattori, tra i quali principalmente: il trasferimento di competenze da parte degli stati in favore di organizzazioni sopranazionali e di autonomie territoriali; il rafforzamento dei poteri normativi degli esecutivi e lo spostamento del fulcro della decisione politica in direzione del governo sull’asse delle relazioni con le assemblee parlamentari; la diffusione in settori incidenti su diritti fondamentali di autorità amministrative indipendenti, fornite di poteri normativi; la incapacità della legge di tenere il passo delle trasformazioni sociali e dei progressi scientifico-tecnologici; la formazione giurisprudenziale del diritto; la autoproduzione di regole giuridiche, spesso di rilievo internazionale, da parte degli operatori economici del mercato globalizzato, con l’ausilio tecnico-giuridico di grandi studi professionali nella redazione dei testi normativi e nella risoluzione arbitrale dei conflitti. Sempre più raramente la legge statale ordinaria interviene nelle singole materie per disciplinarle dettagliatamente e organicamente, come avveniva invece normalmente in passato. Generalmente, infatti, la legge si combina ormai con una o più fonti di tipo diverso nella disciplina dei rapporti giuridici, intervenendo nell’ambito di procedimenti che sono stati definiti “duali”, ma che spesso andrebbero definiti “plurali”. Si pensi al sempre più frequente intreccio tra: delegazione legislativa; delegificazione; deregolamentazione (c.d. deregulation); decretazione d’urgenza; esercizio di potestà legislativa statale concorrente con quella di enti territoriali autonomi; attuazione e/o esecuzione di fonti comunitarie. In questo quadro si segnala poi l’introduzione negli ordinamenti giuridici statali di nuove figure di leggi periodiche a contenuto complesso e incidenti trasversalmente su più materie, che si intrecciano con altre fonti normative. Tutti questi fenomeni hanno contribuito spesso a uno svuotamento di contenuto dispositivo degli atti legislativi, che spesso si limitano a richiamare altre disposizioni normative oppure a rinviare ad altre fonti di produzione del diritto, divenendo solo dei vuoti simulacri di potere. Tuttavia, questa ridefinizione della funzione legislativa statale, che ha comportato anche lo sviluppo di nuove tecniche di redazione legislativa, va considerata positivamente nella misura in cui ha consentito ai parlamenti nazionali di salvaguardare il principio di legalità, sia pure in senso prevalentemente formale. Nel contempo, i parlamenti nazionali, anche per compensare in parte la perdita di peso politico patita dalla funzione legislativa e tentare di preservare una loro centralità nei sistemi costituzionali, hanno sviluppato e potenziato altre funzioni, come quelle di garanzia, quella di indirizzo politico svolta mediante atti non legislativi, quelle ispettive. Nella V Repubblica francese la funzione legislativa risultava, invero, già fortemente compressa, sin dall’origine, in virtù di un impianto costituzionale che, reagendo alle degenerazioni parlamentaristiche della IV Repubblica, tendeva a contenere, per non dire a svilire, il ruolo del parlamento. Basti pensare, in tal senso, alle limitazioni imposte dalla Costituzione alla durata emporale delle sessioni parlamentari, oppure all’affidamento al potere regolamentare governativo di una competenza normativa generale e residuale, che trova corrispondenza nell’attribuzione al legislatore statale ordinario di competenze tassativamente enumerate. L’ambizione principale della presente analisi comparatistica, fondata su un raffronto tra ordinamenti, è proprio quella di verificare se, a seguito delle indicate modifiche costituzionali, si possa o meno ritenere che le funzioni parlamentari siano state potenziate al punto tale da bilanciare adeguatamente i poteri dell’esecutivo bicefalo della V Repubblica, rendendo l’ordinamento francese un punto di riferimento utile nella prospettiva di una revisione della forma di governo e del bicameralismo italiano.

Funzioni parlamentari non legislative e forma di governo nella V Repubblica francese

PASTORE, Fulvio
2009-01-01

Abstract

Una delle tendenze di fondo delle democrazie moderne, manifestatasi con particolare evidenza negli ultimi due decenni in molti Paesi membri dell’Unione Europea, consiste nella ridefinizione delle funzioni legislative parlamentari e del ruolo della legge nel sistema delle fonti, in conseguenza di una serie di fattori, tra i quali principalmente: il trasferimento di competenze da parte degli stati in favore di organizzazioni sopranazionali e di autonomie territoriali; il rafforzamento dei poteri normativi degli esecutivi e lo spostamento del fulcro della decisione politica in direzione del governo sull’asse delle relazioni con le assemblee parlamentari; la diffusione in settori incidenti su diritti fondamentali di autorità amministrative indipendenti, fornite di poteri normativi; la incapacità della legge di tenere il passo delle trasformazioni sociali e dei progressi scientifico-tecnologici; la formazione giurisprudenziale del diritto; la autoproduzione di regole giuridiche, spesso di rilievo internazionale, da parte degli operatori economici del mercato globalizzato, con l’ausilio tecnico-giuridico di grandi studi professionali nella redazione dei testi normativi e nella risoluzione arbitrale dei conflitti. Sempre più raramente la legge statale ordinaria interviene nelle singole materie per disciplinarle dettagliatamente e organicamente, come avveniva invece normalmente in passato. Generalmente, infatti, la legge si combina ormai con una o più fonti di tipo diverso nella disciplina dei rapporti giuridici, intervenendo nell’ambito di procedimenti che sono stati definiti “duali”, ma che spesso andrebbero definiti “plurali”. Si pensi al sempre più frequente intreccio tra: delegazione legislativa; delegificazione; deregolamentazione (c.d. deregulation); decretazione d’urgenza; esercizio di potestà legislativa statale concorrente con quella di enti territoriali autonomi; attuazione e/o esecuzione di fonti comunitarie. In questo quadro si segnala poi l’introduzione negli ordinamenti giuridici statali di nuove figure di leggi periodiche a contenuto complesso e incidenti trasversalmente su più materie, che si intrecciano con altre fonti normative. Tutti questi fenomeni hanno contribuito spesso a uno svuotamento di contenuto dispositivo degli atti legislativi, che spesso si limitano a richiamare altre disposizioni normative oppure a rinviare ad altre fonti di produzione del diritto, divenendo solo dei vuoti simulacri di potere. Tuttavia, questa ridefinizione della funzione legislativa statale, che ha comportato anche lo sviluppo di nuove tecniche di redazione legislativa, va considerata positivamente nella misura in cui ha consentito ai parlamenti nazionali di salvaguardare il principio di legalità, sia pure in senso prevalentemente formale. Nel contempo, i parlamenti nazionali, anche per compensare in parte la perdita di peso politico patita dalla funzione legislativa e tentare di preservare una loro centralità nei sistemi costituzionali, hanno sviluppato e potenziato altre funzioni, come quelle di garanzia, quella di indirizzo politico svolta mediante atti non legislativi, quelle ispettive. Nella V Repubblica francese la funzione legislativa risultava, invero, già fortemente compressa, sin dall’origine, in virtù di un impianto costituzionale che, reagendo alle degenerazioni parlamentaristiche della IV Repubblica, tendeva a contenere, per non dire a svilire, il ruolo del parlamento. Basti pensare, in tal senso, alle limitazioni imposte dalla Costituzione alla durata emporale delle sessioni parlamentari, oppure all’affidamento al potere regolamentare governativo di una competenza normativa generale e residuale, che trova corrispondenza nell’attribuzione al legislatore statale ordinario di competenze tassativamente enumerate. L’ambizione principale della presente analisi comparatistica, fondata su un raffronto tra ordinamenti, è proprio quella di verificare se, a seguito delle indicate modifiche costituzionali, si possa o meno ritenere che le funzioni parlamentari siano state potenziate al punto tale da bilanciare adeguatamente i poteri dell’esecutivo bicefalo della V Repubblica, rendendo l’ordinamento francese un punto di riferimento utile nella prospettiva di una revisione della forma di governo e del bicameralismo italiano.
File in questo prodotto:
Non ci sono file associati a questo prodotto.

I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11580/12
 Attenzione

Attenzione! I dati visualizzati non sono stati sottoposti a validazione da parte dell'ateneo

Citazioni
  • ???jsp.display-item.citation.pmc??? ND
  • Scopus ND
social impact