Il controverso istituto del c.d. “ergastolo ostativo” rappresenta, senza dubbio, uno dei principali effetti distorsivi dei meccanismi preclusivi che si ritrovano nelle maglie del nostro sistema. Si tratta di un tema particolarmente critico, in quanto vengono a confrontarsi i principi costituzionali della risocializzazione della pena con la dura e serrata lotta alla criminalità organizzata e alle mafie presenti su tutto il territorio nazionale. La gestione di tali fenomeni è attualmente assicurata, sul versante della giurisdizione, attraverso le preclusioni di cui agli artt. 4-bis e 58-quater ord. penit., le quali inibiscono, ovvero ritardano, l’accesso alle misure alternative alla detenzione. Su questo terreno argomentativo, di per sé non poco scivoloso in ragione delle evidenti implicazioni criminologiche sempre molto fluide, la giurisprudenza costituzionale sembra orientata ad escludere, nonostante alcune battute di arresto, la legittimità di rigidi automatismi in materia di benefici penitenziari. Il dilemma della legittimità di una condanna a vita per il reo non collaborante, cioè di una pena fino alla sua morte, è stata oggetto, per la prima volta in sede europea, della nota sentenza della Corte EDU, Viola c. Italia n° 2, pronunciata il 13 giugno 2019, con l’analisi della compatibilità convenzionale di una «pena perpetua non riducibile». I giudici della Prima Sezione hanno dichiarato la violazione dell’art. 3 CEDU (divieto di trattamenti inumani e degradanti) nella disciplina del combinato disposto degli artt. 4-bis e 58-ter ord. penit., nella parte in cui subordina la concessione della liberazione condizionale, ai condannati alla pena dell’ergastolo per uno dei delitti di cui al comma 1 dell’art. 4-bis cit., alla collaborazione con l’autorità giudiziaria. La questio dell’ergastolo ostativo è diventata, così, un «problema strutturale» di cui il legislatore italiano deve farsi carico, percorrendo la corsia costituzionalmente preferibile della riforma parlamentare.
L’irragionevolezza delle presunzioni assolute sui percorsi dei singoli: premesse e contesto della sentenza n. 253 del 2019
Grieco, Sarah
2020-01-01
Abstract
Il controverso istituto del c.d. “ergastolo ostativo” rappresenta, senza dubbio, uno dei principali effetti distorsivi dei meccanismi preclusivi che si ritrovano nelle maglie del nostro sistema. Si tratta di un tema particolarmente critico, in quanto vengono a confrontarsi i principi costituzionali della risocializzazione della pena con la dura e serrata lotta alla criminalità organizzata e alle mafie presenti su tutto il territorio nazionale. La gestione di tali fenomeni è attualmente assicurata, sul versante della giurisdizione, attraverso le preclusioni di cui agli artt. 4-bis e 58-quater ord. penit., le quali inibiscono, ovvero ritardano, l’accesso alle misure alternative alla detenzione. Su questo terreno argomentativo, di per sé non poco scivoloso in ragione delle evidenti implicazioni criminologiche sempre molto fluide, la giurisprudenza costituzionale sembra orientata ad escludere, nonostante alcune battute di arresto, la legittimità di rigidi automatismi in materia di benefici penitenziari. Il dilemma della legittimità di una condanna a vita per il reo non collaborante, cioè di una pena fino alla sua morte, è stata oggetto, per la prima volta in sede europea, della nota sentenza della Corte EDU, Viola c. Italia n° 2, pronunciata il 13 giugno 2019, con l’analisi della compatibilità convenzionale di una «pena perpetua non riducibile». I giudici della Prima Sezione hanno dichiarato la violazione dell’art. 3 CEDU (divieto di trattamenti inumani e degradanti) nella disciplina del combinato disposto degli artt. 4-bis e 58-ter ord. penit., nella parte in cui subordina la concessione della liberazione condizionale, ai condannati alla pena dell’ergastolo per uno dei delitti di cui al comma 1 dell’art. 4-bis cit., alla collaborazione con l’autorità giudiziaria. La questio dell’ergastolo ostativo è diventata, così, un «problema strutturale» di cui il legislatore italiano deve farsi carico, percorrendo la corsia costituzionalmente preferibile della riforma parlamentare.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.