Con una lunga pronuncia, la n. 18287 del 2018, il nostro massimo organo giudicante sostiene di aver finalmente portato a termine la corretta interpretazione della storica legge del 1970, come modificata nel 1987, relativamente all’assegno divorzile e consegna alle corti di merito un “principio di diritto” così generico ed indeterminato rispetto a quanto detto in precedenza, da poter essere tranquillamente utilizzato in futuro per giustificare qualsiasi tipo di scelta in materia. Il lungo ed articolato testo della decisione si presta a molteplici osservazioni critiche, che si è cercato di svolgere avendo sempre presente quell’autonomia individuale che, in una vicenda quale quella matrimoniale, dovrebbe trovare uno dei pochi campi di massima espressione rimasti e che, invece, gli viene ostinatamente negato più dall’interpretazione giurisprudenziale che dal testo normativo. Tra le conseguenze più gravi che è possibile addebitare alla decisione al centro di queste riflessioni vi è quella di finire per perseguire, in concreto, non tanto la affermata protezione di gravi e, eventualmente, incolpevoli situazioni di debolezza economica, che sarebbe compito dello Stato tutelare, ma una sostanziale forma di censura a carico di chi, economicamente più forte, si è permesso di esercitare il suo, riconosciuto (!), diritto di uscire dal vincolo matrimoniale. Di fronte ad una scelta del genere, dovrebbe considerarsi decisamente arrivato il momento di introdurre anche in Italia i patti prematrimoniali, per consentire ai coniugi di definire in maniera certa ed autonoma le conseguenze della possibile fine dell’unione.
L'Assegno Divorzile. Anatomia di un'ipostasi.
Gianfrancesco Vecchio
2019-01-01
Abstract
Con una lunga pronuncia, la n. 18287 del 2018, il nostro massimo organo giudicante sostiene di aver finalmente portato a termine la corretta interpretazione della storica legge del 1970, come modificata nel 1987, relativamente all’assegno divorzile e consegna alle corti di merito un “principio di diritto” così generico ed indeterminato rispetto a quanto detto in precedenza, da poter essere tranquillamente utilizzato in futuro per giustificare qualsiasi tipo di scelta in materia. Il lungo ed articolato testo della decisione si presta a molteplici osservazioni critiche, che si è cercato di svolgere avendo sempre presente quell’autonomia individuale che, in una vicenda quale quella matrimoniale, dovrebbe trovare uno dei pochi campi di massima espressione rimasti e che, invece, gli viene ostinatamente negato più dall’interpretazione giurisprudenziale che dal testo normativo. Tra le conseguenze più gravi che è possibile addebitare alla decisione al centro di queste riflessioni vi è quella di finire per perseguire, in concreto, non tanto la affermata protezione di gravi e, eventualmente, incolpevoli situazioni di debolezza economica, che sarebbe compito dello Stato tutelare, ma una sostanziale forma di censura a carico di chi, economicamente più forte, si è permesso di esercitare il suo, riconosciuto (!), diritto di uscire dal vincolo matrimoniale. Di fronte ad una scelta del genere, dovrebbe considerarsi decisamente arrivato il momento di introdurre anche in Italia i patti prematrimoniali, per consentire ai coniugi di definire in maniera certa ed autonoma le conseguenze della possibile fine dell’unione.File | Dimensione | Formato | |
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