Il contributo intende esplicitare l'esistenza nel platonismo medievale di un modello antropologico tendenzialmente unitario che connette l'anima e il corpo attraverso intermediari come il senso della vista, la facoltà della immaginazione e gli spiriti corporei sottilissimi, appartenenti alla tradizione medica galenica. La vista si presenta tradizionalmente come il senso più spirituale: cfr. il rapporto metaforico tra visione intellettuale e visione percettiva sensibile. In Agostino di Ippona e nella tradizione agostiniana è l'anima che sente, mediante il corpo; analogamente, nella visione spirituale è l'immaginazione ad essere coinvolta. Su questa linea, Gugliemo di St.-Thierry (sec. XII) formula una teoria della vista e dei sensi definiti come invisibili corporei, ispirandosi a Claudiano Mamerto, a Nemesio di Emesa e a Gregorio di Nissa. Rilevante è la rilettura della dottrina medica galenica degli spiriti corporei attinta alla 'Pantegni' (opera araba tradotta in latino da Costantino Africano nel sec. XI), secondo la quale gli spiriti corporei sono strumenti dell'anima. A partire da fonti comuni, Ugo di San Vittore (sec. XII) cerca una mediazione tra corporeo e spirituale attraverso il fuoco-'pneuma' e attraverso i gradi del corpo e i gradi dell'anima; la mediazione ha luogo sia a livello psicologico che ontologico. Queste tesi vengono poi riprese e sviluppate nel XIII secolo da Roberto Grossatesta, Jean de la Rochelle e Roberto Kilwardby e avranno eco ancora in età moderna nel XVII secolo nei platonici di Cambridge Ralph Cudworth e Heny More.
Vista, spiritus e immaginazione, intermediari tra l'anima e il corpo nel platonismo medievale dei secoli XII e XIII
SPINOSA, Giacinta Anna
1999-01-01
Abstract
Il contributo intende esplicitare l'esistenza nel platonismo medievale di un modello antropologico tendenzialmente unitario che connette l'anima e il corpo attraverso intermediari come il senso della vista, la facoltà della immaginazione e gli spiriti corporei sottilissimi, appartenenti alla tradizione medica galenica. La vista si presenta tradizionalmente come il senso più spirituale: cfr. il rapporto metaforico tra visione intellettuale e visione percettiva sensibile. In Agostino di Ippona e nella tradizione agostiniana è l'anima che sente, mediante il corpo; analogamente, nella visione spirituale è l'immaginazione ad essere coinvolta. Su questa linea, Gugliemo di St.-Thierry (sec. XII) formula una teoria della vista e dei sensi definiti come invisibili corporei, ispirandosi a Claudiano Mamerto, a Nemesio di Emesa e a Gregorio di Nissa. Rilevante è la rilettura della dottrina medica galenica degli spiriti corporei attinta alla 'Pantegni' (opera araba tradotta in latino da Costantino Africano nel sec. XI), secondo la quale gli spiriti corporei sono strumenti dell'anima. A partire da fonti comuni, Ugo di San Vittore (sec. XII) cerca una mediazione tra corporeo e spirituale attraverso il fuoco-'pneuma' e attraverso i gradi del corpo e i gradi dell'anima; la mediazione ha luogo sia a livello psicologico che ontologico. Queste tesi vengono poi riprese e sviluppate nel XIII secolo da Roberto Grossatesta, Jean de la Rochelle e Roberto Kilwardby e avranno eco ancora in età moderna nel XVII secolo nei platonici di Cambridge Ralph Cudworth e Heny More.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.