Scopo apparente del lavoro è quello di offrire un quadro chiaro e completo dell’assetto normativo riguardante i rapporti fra stato e regione in materia di riserve marine site nel demanio costiero o in zone ad esso contigue. Cosa niente affatto semplice, considerato l’intreccio fra la materia demaniale e quella ambientale nel contesto di un processo di decentramento e semplificazione amministrativa che spesso ingenerano confusione ed incertezza. In realtà l’inquadramento storico sistematico del tema proposto non conduce alla piena comprensione né dell’assetto normativo e funzionale attuale, né dello “stato dell’arte” del diritto dell’ambiente, né ancora ad amare le troppo facili costatazioni sulla tecnica legislativa odierna, ma è, invece, l’occasione per svolgere una più ampia riflessione sul ruolo del diritto positivo statuale, compresso fra il diritto comunitario e quello regionale; sul ruolo del giurista che non può limitarsi ad interpretare; sul ruolo che possono ancora svolgere gli studi di diritto della navigazione. Per questo motivo il lavoro, sebbene indirizzato all’inquadramento della gestione delle riserve marine, site nel demanio costiero, non prescinde dal prendere in esame, sia pur sinteticamente, il percorso della legislazione italiana sull’ambiente, altamente influenzato dal diritto comunitario ed incrociato sia con quello del riassetto delle competenze e funzioni amministrative nel riparto fra Stato e Regioni sia con l’evoluzione del diritto speciale della navigazione. Il tentativo è quindi di dimostrare che l’interesse generale alla tutela ambientale, inteso non come materia, ma come valore trasversale, costituisce, insieme con l’interesse alla sicurezza, con cui condivide alcune caratteristiche, un connotato essenziale del diritto della navigazione, cosicché entrambi possano essere considerati come i fondamenti di un nuovo modello ordinamentale nazionale e sovranazionale in cui il diritto della navigazione può riaffermare la sua valenza scientifica. Si tende, dunque, in ultima analisi, a dimostrare che gli studi, nati nell’alveo della dinamica evolutiva del diritto della navigazione (ove il rapporto comunità viaggiante - ambiente risulta ribaltato rispetto all’originaria costruzione), ben lungi dall’essere travolti dall’impatto con la decodificazione e la globalizzazione del diritto e con il diritto comunitario potranno, avere positiva influenza su studi a carattere generale in altre materie, allargandosi fino a promuovere una tendenza verso una concezione, vecchia e nuova a un tempo, di diritto comune europeo che tenga conto dei diritti nazionali e miri ad incidere sulla sua normazione e formazione. Il fenomeno non è, per altro nuovo, essendosi già verificato quando i contributi offerti dagli studiosi del diritto della navigazione in materia di concessioni demaniali marittime hanno avuto un incisivo ruolo sugli sviluppi del diritto amministrativo a livello interno. Come, dunque, i vecchi studi di diritto amministrativo marittimo, nella loro specialità, hanno avuto grande rilievo sul diritto amministrativo generale, così gli attuali studi sulla trasversalità dei nuovi fondamenti del diritto della navigazione potranno, nella dinamica evolutiva e nel superamento della settorialità, incidere sulla edificazione di un nuovo diritto comune europeo, fondato su pochi principi comuni ed aperto sia alla regolamentazione armonizzata sotto le direttive istituzionali europee, sia alle regolamentazioni locali, nel rispetto di un principio di sussidiarietà correttamente inteso. Metodologicamente,il lavoro presenta il seguente svolgimento: le novità istituzionali degli anni 90 hanno reso improcrastinabile un modello di governo delle aree marine protette allineato al processo riformatore delle istituzioni. Altrimenti il rischio è che si determini un governo dell’ambiente di segno contrario a quello delle politiche legislative ed amministrative di altri settori e ciò indipendentemente da ogni giudizio di sostanza e di tecnica legislativa in merito al decentramento amministrativo. La gestione delle aree protette viene a trovarsi dunque inserita in un ben più ampio problema: quello della scelta fra il mantenere un’amministrazione attenta solo alla legittimità degli atti o il tendere ad “una amministrazione di risultato”, che svolga cioè compititi e persegua risultati socio-economici volti al miglior servizio dei cittadini e della società. E se l’indirizzo politico legislativo è quello del riassetto, necessaria conseguenza è la riallocazione delle competenze secondo i criteri di funzionalità: prossimità, efficacia, efficienza. E’ in tale contesto, quindi, che si inserisce la “fotografia” della situazione attuale sulle riserve marine, spunto per la più ampia riflessione sui contributi di studio che può offrire il diritto della navigazione oggi.
Riserve naturali costiere: i rapporti tra Stato e Regione
XERRI, Alessandra
2010-01-01
Abstract
Scopo apparente del lavoro è quello di offrire un quadro chiaro e completo dell’assetto normativo riguardante i rapporti fra stato e regione in materia di riserve marine site nel demanio costiero o in zone ad esso contigue. Cosa niente affatto semplice, considerato l’intreccio fra la materia demaniale e quella ambientale nel contesto di un processo di decentramento e semplificazione amministrativa che spesso ingenerano confusione ed incertezza. In realtà l’inquadramento storico sistematico del tema proposto non conduce alla piena comprensione né dell’assetto normativo e funzionale attuale, né dello “stato dell’arte” del diritto dell’ambiente, né ancora ad amare le troppo facili costatazioni sulla tecnica legislativa odierna, ma è, invece, l’occasione per svolgere una più ampia riflessione sul ruolo del diritto positivo statuale, compresso fra il diritto comunitario e quello regionale; sul ruolo del giurista che non può limitarsi ad interpretare; sul ruolo che possono ancora svolgere gli studi di diritto della navigazione. Per questo motivo il lavoro, sebbene indirizzato all’inquadramento della gestione delle riserve marine, site nel demanio costiero, non prescinde dal prendere in esame, sia pur sinteticamente, il percorso della legislazione italiana sull’ambiente, altamente influenzato dal diritto comunitario ed incrociato sia con quello del riassetto delle competenze e funzioni amministrative nel riparto fra Stato e Regioni sia con l’evoluzione del diritto speciale della navigazione. Il tentativo è quindi di dimostrare che l’interesse generale alla tutela ambientale, inteso non come materia, ma come valore trasversale, costituisce, insieme con l’interesse alla sicurezza, con cui condivide alcune caratteristiche, un connotato essenziale del diritto della navigazione, cosicché entrambi possano essere considerati come i fondamenti di un nuovo modello ordinamentale nazionale e sovranazionale in cui il diritto della navigazione può riaffermare la sua valenza scientifica. Si tende, dunque, in ultima analisi, a dimostrare che gli studi, nati nell’alveo della dinamica evolutiva del diritto della navigazione (ove il rapporto comunità viaggiante - ambiente risulta ribaltato rispetto all’originaria costruzione), ben lungi dall’essere travolti dall’impatto con la decodificazione e la globalizzazione del diritto e con il diritto comunitario potranno, avere positiva influenza su studi a carattere generale in altre materie, allargandosi fino a promuovere una tendenza verso una concezione, vecchia e nuova a un tempo, di diritto comune europeo che tenga conto dei diritti nazionali e miri ad incidere sulla sua normazione e formazione. Il fenomeno non è, per altro nuovo, essendosi già verificato quando i contributi offerti dagli studiosi del diritto della navigazione in materia di concessioni demaniali marittime hanno avuto un incisivo ruolo sugli sviluppi del diritto amministrativo a livello interno. Come, dunque, i vecchi studi di diritto amministrativo marittimo, nella loro specialità, hanno avuto grande rilievo sul diritto amministrativo generale, così gli attuali studi sulla trasversalità dei nuovi fondamenti del diritto della navigazione potranno, nella dinamica evolutiva e nel superamento della settorialità, incidere sulla edificazione di un nuovo diritto comune europeo, fondato su pochi principi comuni ed aperto sia alla regolamentazione armonizzata sotto le direttive istituzionali europee, sia alle regolamentazioni locali, nel rispetto di un principio di sussidiarietà correttamente inteso. Metodologicamente,il lavoro presenta il seguente svolgimento: le novità istituzionali degli anni 90 hanno reso improcrastinabile un modello di governo delle aree marine protette allineato al processo riformatore delle istituzioni. Altrimenti il rischio è che si determini un governo dell’ambiente di segno contrario a quello delle politiche legislative ed amministrative di altri settori e ciò indipendentemente da ogni giudizio di sostanza e di tecnica legislativa in merito al decentramento amministrativo. La gestione delle aree protette viene a trovarsi dunque inserita in un ben più ampio problema: quello della scelta fra il mantenere un’amministrazione attenta solo alla legittimità degli atti o il tendere ad “una amministrazione di risultato”, che svolga cioè compititi e persegua risultati socio-economici volti al miglior servizio dei cittadini e della società. E se l’indirizzo politico legislativo è quello del riassetto, necessaria conseguenza è la riallocazione delle competenze secondo i criteri di funzionalità: prossimità, efficacia, efficienza. E’ in tale contesto, quindi, che si inserisce la “fotografia” della situazione attuale sulle riserve marine, spunto per la più ampia riflessione sui contributi di studio che può offrire il diritto della navigazione oggi.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.