Nell’antico convento di S. Francesco a Sora, sorto probabilmente nella prima metà del XIV secolo e posto nella parte più antica della città di Sora e in disuso ormai da tempo, nella seconda metà degli anni Ottanta del secolo scorso, l’Amministrazione Comunale e il Ministero di Grazia e Giustizia decidono di inserire gli uffici della Pretura - poi sede distaccata del Tribunale di Cassino - e un museo, ancora oggi in fase di allestimento, in cui raccogliere i reperti archeologici e storici della città e della media valle del Liri. L’intenzione si trasforma in progetto, frutto della capacità critica dello studio MCM (Morganti, Cautilli, Morganti), a partire da un confronto ragionato con il complesso monumentale. Agli usi diversi corrisponde un impianto funzionale ben integrato che si sviluppa sui tre livelli dell’antica fabbrica: gli Uffici Giudiziari, oltre che una piccola porzione del piano terra occupano anche il primo e il secondo piano estendendosi nell’ala dell’edificio che prospetta piazza Mayer Ross e, verso l’interno dell’isolato, nell’ala più interna che affaccia, contemporaneamente, sul chiostro maggiore e su una piccola corte interna. Il museo, invece, presenta uno sviluppo planimetrico più articolato e occupa non soltanto le restanti parti dell’ex convento, ma si estende anche verso l’angolo nord del comparto urbano interessato dalla presenza del tessuto residenziale minore. Una volta entrati nelle sale espositive, si evince, da subito, l’attenzione rivolta allo studio dell’allestimento indirizzato a integrare spazi architettonici e reperti. Tale strategia, attuata principalmente per rendere chiara al visitatore la percezione delle opere esposte, si materializza mediante l’impiego di elementi piani, in pietra e acciaio, e lastre verticali trasparenti. Ma, il progetto proposto va oltre la mera rifunzionalizzazione, seppur ben strutturata, del complesso. L’intervento, infatti, può essere ricondotto all’interno di quelle operazioni che affidano il carattere del progetto ai temi del “dialogo”. Con questa logica, finalizzata alla salvaguardia dell’identità storica del manufatto, il recupero dell’ex convento si muove verso l’impiego di strumenti che, diversi da quelli del passato, consentono di adeguare i livelli prestazionali dell’organismo edilizio all’attuale piano esigenziale e, nel contempo, sono in grado di lasciare tracce visibili e discrete nella storia del monumento. Un confronto con l’antico sicuramente attivo che non rinuncia a misurarsi con la preesistenza facendo uso degli strumenti propri del progetto contemporaneo avendo ben presente quanto prodotto nel dialogo con l’antico da quel filone di ricerca, tutto italiano, che vede al primo posto la figura di Carlo Scarpa.
La leggerezza del nuovo
ZORDAN, Marcello
2007-01-01
Abstract
Nell’antico convento di S. Francesco a Sora, sorto probabilmente nella prima metà del XIV secolo e posto nella parte più antica della città di Sora e in disuso ormai da tempo, nella seconda metà degli anni Ottanta del secolo scorso, l’Amministrazione Comunale e il Ministero di Grazia e Giustizia decidono di inserire gli uffici della Pretura - poi sede distaccata del Tribunale di Cassino - e un museo, ancora oggi in fase di allestimento, in cui raccogliere i reperti archeologici e storici della città e della media valle del Liri. L’intenzione si trasforma in progetto, frutto della capacità critica dello studio MCM (Morganti, Cautilli, Morganti), a partire da un confronto ragionato con il complesso monumentale. Agli usi diversi corrisponde un impianto funzionale ben integrato che si sviluppa sui tre livelli dell’antica fabbrica: gli Uffici Giudiziari, oltre che una piccola porzione del piano terra occupano anche il primo e il secondo piano estendendosi nell’ala dell’edificio che prospetta piazza Mayer Ross e, verso l’interno dell’isolato, nell’ala più interna che affaccia, contemporaneamente, sul chiostro maggiore e su una piccola corte interna. Il museo, invece, presenta uno sviluppo planimetrico più articolato e occupa non soltanto le restanti parti dell’ex convento, ma si estende anche verso l’angolo nord del comparto urbano interessato dalla presenza del tessuto residenziale minore. Una volta entrati nelle sale espositive, si evince, da subito, l’attenzione rivolta allo studio dell’allestimento indirizzato a integrare spazi architettonici e reperti. Tale strategia, attuata principalmente per rendere chiara al visitatore la percezione delle opere esposte, si materializza mediante l’impiego di elementi piani, in pietra e acciaio, e lastre verticali trasparenti. Ma, il progetto proposto va oltre la mera rifunzionalizzazione, seppur ben strutturata, del complesso. L’intervento, infatti, può essere ricondotto all’interno di quelle operazioni che affidano il carattere del progetto ai temi del “dialogo”. Con questa logica, finalizzata alla salvaguardia dell’identità storica del manufatto, il recupero dell’ex convento si muove verso l’impiego di strumenti che, diversi da quelli del passato, consentono di adeguare i livelli prestazionali dell’organismo edilizio all’attuale piano esigenziale e, nel contempo, sono in grado di lasciare tracce visibili e discrete nella storia del monumento. Un confronto con l’antico sicuramente attivo che non rinuncia a misurarsi con la preesistenza facendo uso degli strumenti propri del progetto contemporaneo avendo ben presente quanto prodotto nel dialogo con l’antico da quel filone di ricerca, tutto italiano, che vede al primo posto la figura di Carlo Scarpa.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.