Per una città come Isola del Liri, ancora oggi, la “dimensione liquida” ha una valenza importante. La presenza copiosa di acqua ne ha fatto nei secoli una vera e propria città-fabbrica. Vi si sono insediate industrie - innanzitutto cartiere - che l’hanno resa famosa nel mondo. Benché la città abbia fondato per secoli il suo sviluppo intorno alla produzione della carta e della lana, ormai da qualche decennio cerca una nuova identità economica affidandola anche ad attività diverse. E’ proprio dal riconoscimento del suo declino industriale e da quello di altre realtà del Lazio meridionale che, nella seconda metà degli anni Novanta del secolo scorso, si avviano una serie di interventi finalizzati al recupero del suo vastissimo patrimonio industriale dismesso per lo più insediato lungo il corso del fiume Liri e dei suoi affluenti, finananziati dall’Unione Europea, dalla Regione Lazio e dell’ Amministrazione comunale. L’attenzione ricade anche sul più recente ampliamento della cartiera del Fibreno poi Lefebvre, insediato nel cosiddetto “soffondo”, in prossimità della terza cascata cittadina. Un sito particolarissimo la cui forte antropizzazione si appalesa come discreta agli occhi del visitatore distratto sedotto alla vista dell’unica presenza che emerge alla quota della strada: la piccola cappella di S. Maria delle Forme. E’ proprio da una attenta riflessione sui caratteri particolarissimi, forse unici, dell’edificio e del suo contesto ambientale che nasce l’idea fondativa del progetto di recupero: valorizzare la vista della cascata in omaggio a quell’elemento naturale - l’acqua - che sapientemente sfruttata ha determinato per secoli la storia della città. Un idea suggerita dalle condizioni specifiche e coerentemente sviluppata a partire dal ritrovamento dell’opificio in rovina e dei suoi macchinari che, assediati dalla lussureggiante vegetazione, erano stati da questa completamente sopraffatti fino a scomparire definitivamente per decenni sotto la spessa coltre verde. Il progetto sviluppato da Mario Morganti, Gianfranco Cautilli e Renato Morganti, declina coerentemente l’idea a partire dall’esigenza espressa dalla committenza pubblica di insediare nella cartiera il Museo della Civiltà della Carta e delle Telecomunicazioni. Del rudere dovevano rimanere tracce consistenti, della cascata si doveva privilegiare la vista, del verde si doveva conservare quasi tutto, dell’edificio si doveva farne un museo. Risultato finale: una lunga passerella pedonale in acciaio sovrasta l’edificio, si insinua tra i lacerti murari opportunamente consolidati e conduce all’ingresso del museo come pure verso la cascata di cui si può godere la vista sostando all’estremità della passerella, quasi sospesi nel vuoto; un sistema di coperture in acciaio, rame e vetro che, ribassato rispetto alle creste murarie e arretrato rispetto ai muri in elevato dei timpani consente l’inserimento di ampi giardini pensili. Questi, sinteticamente, gli elementi del progetto cui MCM ha affidato la soluzione del tema proposto. Un tema il cui svolgimento all’interno, così come declinato fino ad oggi, affida alla tecnica della sospensione diretta anche la soluzione dei connettivi principali orientati in obliquo come la passerella esterna, così da rafforzare l’identità di elemento architettonico aggiunto, quanto basta per segnare con decisione la rifunzionalizzazione in atto.

La Cartiera Lefebvre. Isola Liri, Frosinone

ZORDAN, Marcello
2005-01-01

Abstract

Per una città come Isola del Liri, ancora oggi, la “dimensione liquida” ha una valenza importante. La presenza copiosa di acqua ne ha fatto nei secoli una vera e propria città-fabbrica. Vi si sono insediate industrie - innanzitutto cartiere - che l’hanno resa famosa nel mondo. Benché la città abbia fondato per secoli il suo sviluppo intorno alla produzione della carta e della lana, ormai da qualche decennio cerca una nuova identità economica affidandola anche ad attività diverse. E’ proprio dal riconoscimento del suo declino industriale e da quello di altre realtà del Lazio meridionale che, nella seconda metà degli anni Novanta del secolo scorso, si avviano una serie di interventi finalizzati al recupero del suo vastissimo patrimonio industriale dismesso per lo più insediato lungo il corso del fiume Liri e dei suoi affluenti, finananziati dall’Unione Europea, dalla Regione Lazio e dell’ Amministrazione comunale. L’attenzione ricade anche sul più recente ampliamento della cartiera del Fibreno poi Lefebvre, insediato nel cosiddetto “soffondo”, in prossimità della terza cascata cittadina. Un sito particolarissimo la cui forte antropizzazione si appalesa come discreta agli occhi del visitatore distratto sedotto alla vista dell’unica presenza che emerge alla quota della strada: la piccola cappella di S. Maria delle Forme. E’ proprio da una attenta riflessione sui caratteri particolarissimi, forse unici, dell’edificio e del suo contesto ambientale che nasce l’idea fondativa del progetto di recupero: valorizzare la vista della cascata in omaggio a quell’elemento naturale - l’acqua - che sapientemente sfruttata ha determinato per secoli la storia della città. Un idea suggerita dalle condizioni specifiche e coerentemente sviluppata a partire dal ritrovamento dell’opificio in rovina e dei suoi macchinari che, assediati dalla lussureggiante vegetazione, erano stati da questa completamente sopraffatti fino a scomparire definitivamente per decenni sotto la spessa coltre verde. Il progetto sviluppato da Mario Morganti, Gianfranco Cautilli e Renato Morganti, declina coerentemente l’idea a partire dall’esigenza espressa dalla committenza pubblica di insediare nella cartiera il Museo della Civiltà della Carta e delle Telecomunicazioni. Del rudere dovevano rimanere tracce consistenti, della cascata si doveva privilegiare la vista, del verde si doveva conservare quasi tutto, dell’edificio si doveva farne un museo. Risultato finale: una lunga passerella pedonale in acciaio sovrasta l’edificio, si insinua tra i lacerti murari opportunamente consolidati e conduce all’ingresso del museo come pure verso la cascata di cui si può godere la vista sostando all’estremità della passerella, quasi sospesi nel vuoto; un sistema di coperture in acciaio, rame e vetro che, ribassato rispetto alle creste murarie e arretrato rispetto ai muri in elevato dei timpani consente l’inserimento di ampi giardini pensili. Questi, sinteticamente, gli elementi del progetto cui MCM ha affidato la soluzione del tema proposto. Un tema il cui svolgimento all’interno, così come declinato fino ad oggi, affida alla tecnica della sospensione diretta anche la soluzione dei connettivi principali orientati in obliquo come la passerella esterna, così da rafforzare l’identità di elemento architettonico aggiunto, quanto basta per segnare con decisione la rifunzionalizzazione in atto.
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