A partire dall’età carolingia e ottoniana, quando si stabilisce per la prima volta una liturgia episcopale differenziata da quella presbiteriale, il libro diventa uno dei segni più tangibili della Bischofsherrshaftssymbolik, al pari del pallio, del sigillo, del trono, del pastorale, dell’anello. Sontuosamente decorati e illustrati, i volumi riservati o destinati al vescovo sono, in virtù della loro funzione e del contesto di utilizzazione, testimoni importanti per ricostruire tipologie di committenza (attiva o passiva), modalità di fruizione (pubblica o privata), meccanismi di formazione e significato dei programmi iconografici (creati appositamente o adattati, a fini autopromozionali, politici, ecclesiali o liturgici). Con una coincidenza cronologica tutt’altro che casuale, anzi coerente con la contemporanea crescita sociale e religiosa della figura episcopale, nell’ultimo trentennio del X secolo in quattro diverse regioni d’Europa il libro del e per il vescovo si ‘materializza’ in quattro straordinari rappresentanti: il Salterio di Egberto, arcivescovo di Treviri dal 977 al 993, il Sacramentario di Warmondo, vescovo di Ivrea dal 969 al 1005, il Benedizionale di Etelvoldo, vescovo di Winchester dal 963 al 984 e il Pontificale di Landolfo I, arcivescovo di Benevento dal 969 al 981, dei quali il saggio esamina iconografie e decorazioni. Viene indagata anche la tipologia degli Exultet, che tra XI e XII secolo in tutta l’Italia meridionale diventano, insieme ai troni, alle epigrafi, alle porte bronzee, monumenti/documenti della rinascita delle cattedrali e dell’autocoscienza urbana. La committenza dell’Exultet ha infatti sempre coinciso con un momento di particolare prestigio della chiesa cui è destinato: restauro e ricostruzione del complesso episcopale, incremento del patrimonio ecclesiastico, riorganizzazione della rete diocesana, trasferimento e nascita di nuove sedi, cambiamento degli orientamenti politici.
I libri del vescovo
OROFINO, Giulia
2007-01-01
Abstract
A partire dall’età carolingia e ottoniana, quando si stabilisce per la prima volta una liturgia episcopale differenziata da quella presbiteriale, il libro diventa uno dei segni più tangibili della Bischofsherrshaftssymbolik, al pari del pallio, del sigillo, del trono, del pastorale, dell’anello. Sontuosamente decorati e illustrati, i volumi riservati o destinati al vescovo sono, in virtù della loro funzione e del contesto di utilizzazione, testimoni importanti per ricostruire tipologie di committenza (attiva o passiva), modalità di fruizione (pubblica o privata), meccanismi di formazione e significato dei programmi iconografici (creati appositamente o adattati, a fini autopromozionali, politici, ecclesiali o liturgici). Con una coincidenza cronologica tutt’altro che casuale, anzi coerente con la contemporanea crescita sociale e religiosa della figura episcopale, nell’ultimo trentennio del X secolo in quattro diverse regioni d’Europa il libro del e per il vescovo si ‘materializza’ in quattro straordinari rappresentanti: il Salterio di Egberto, arcivescovo di Treviri dal 977 al 993, il Sacramentario di Warmondo, vescovo di Ivrea dal 969 al 1005, il Benedizionale di Etelvoldo, vescovo di Winchester dal 963 al 984 e il Pontificale di Landolfo I, arcivescovo di Benevento dal 969 al 981, dei quali il saggio esamina iconografie e decorazioni. Viene indagata anche la tipologia degli Exultet, che tra XI e XII secolo in tutta l’Italia meridionale diventano, insieme ai troni, alle epigrafi, alle porte bronzee, monumenti/documenti della rinascita delle cattedrali e dell’autocoscienza urbana. La committenza dell’Exultet ha infatti sempre coinciso con un momento di particolare prestigio della chiesa cui è destinato: restauro e ricostruzione del complesso episcopale, incremento del patrimonio ecclesiastico, riorganizzazione della rete diocesana, trasferimento e nascita di nuove sedi, cambiamento degli orientamenti politici.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.