Con la sentenza n. 10 del 26 gennaio 2024, la Consulta sancisce l’illegittimità costituzionale dell’art. 18 dell’ordinamento penitenziario nella parte in cui non prevede che alla persona detenuta sia consentito, quando non ostino ragioni di sicurezza, ordine o disciplina, di svolgere colloqui intimi, anche a carattere sessuale, con la persona convivente non detenuta, senza che sia imposto il controllo a vista da parte del personale di custodia. Dopo anni di latitanza legislativa, nonostante il monito della stessa Corte Costituzionale con la pronuncia n. 301/2012, anche i colloqui intimi dietro le sbarre rientrano finalmente, a pieno titolo, nel bagaglio dei diritti inalienabili ed esigibili della persona ristretta; principio affermato nel panorama internazionale ma sempre negato in quello italiano. La Corte, valorizzando adeguatamente principi quali la misura minima necessaria e la stretta proporzionalità delle sanzioni penali, compie, così, un passo decisivo verso quella concezione di pena dal “volto costituzionale” che ripudia la visione totalizzante dello stato detentivo e che vede la pena come una sanzione repressiva di tutti gli aspetti dell’individuo; ivi inclusi quelli familiari e corporali.
La sentenza n.10 del 26 gennaio 2024 tra insidie esecutive e sfide per una nuova penalità penitenziaria
Grieco, Sarah
2024-01-01
Abstract
Con la sentenza n. 10 del 26 gennaio 2024, la Consulta sancisce l’illegittimità costituzionale dell’art. 18 dell’ordinamento penitenziario nella parte in cui non prevede che alla persona detenuta sia consentito, quando non ostino ragioni di sicurezza, ordine o disciplina, di svolgere colloqui intimi, anche a carattere sessuale, con la persona convivente non detenuta, senza che sia imposto il controllo a vista da parte del personale di custodia. Dopo anni di latitanza legislativa, nonostante il monito della stessa Corte Costituzionale con la pronuncia n. 301/2012, anche i colloqui intimi dietro le sbarre rientrano finalmente, a pieno titolo, nel bagaglio dei diritti inalienabili ed esigibili della persona ristretta; principio affermato nel panorama internazionale ma sempre negato in quello italiano. La Corte, valorizzando adeguatamente principi quali la misura minima necessaria e la stretta proporzionalità delle sanzioni penali, compie, così, un passo decisivo verso quella concezione di pena dal “volto costituzionale” che ripudia la visione totalizzante dello stato detentivo e che vede la pena come una sanzione repressiva di tutti gli aspetti dell’individuo; ivi inclusi quelli familiari e corporali.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.