Il legislatore europeo, prima ancora di quello interno, ha incluso il diritto all’informazione sull’accusa tra le garanzie procedurali “minime” per l’indagato, preoccupandosi di fissarne finanche le caratteristiche essenziali. Recentemente l’Unione Europea è tornata sulla questione, rafforzando la tutela degli istituti a garanzia informativa con le direttive n. 2010/64 e n. 2012/13. La loro attuazione ha dato origine ad una serie di sostanziali modifiche normative nel sistema processuale penale italiano. Se il diritto all’informazione nei procedimenti penali è visto come uno dei banchi di prova della capacità del diritto processuale europeo di creare standard uniformi nella conoscenza dell’accusa, con questo articolo ci si chiede se la normativa europea, così come recepita dal nostro ordinamento, abbia davvero superato la prova. Un’informazione relegata ad una serie di incombenti solo eventuali – e comunque rimessi quasi interamente alla discrezionalità del pubblico ministero – lascerebbe inattuate, ancora una volta, le dichiarazioni di valore consacrate nell’art. 111 comma 3 della Costituzione, che riconosce ad ogni persona accusata di un reato il diritto di essere informata “nel più breve tempo possibile”.
L’indagato e l’informazione dell’accusa a suo carico: il diritto di “difendersi conoscendo”
Grieco, Sarah
2018-01-01
Abstract
Il legislatore europeo, prima ancora di quello interno, ha incluso il diritto all’informazione sull’accusa tra le garanzie procedurali “minime” per l’indagato, preoccupandosi di fissarne finanche le caratteristiche essenziali. Recentemente l’Unione Europea è tornata sulla questione, rafforzando la tutela degli istituti a garanzia informativa con le direttive n. 2010/64 e n. 2012/13. La loro attuazione ha dato origine ad una serie di sostanziali modifiche normative nel sistema processuale penale italiano. Se il diritto all’informazione nei procedimenti penali è visto come uno dei banchi di prova della capacità del diritto processuale europeo di creare standard uniformi nella conoscenza dell’accusa, con questo articolo ci si chiede se la normativa europea, così come recepita dal nostro ordinamento, abbia davvero superato la prova. Un’informazione relegata ad una serie di incombenti solo eventuali – e comunque rimessi quasi interamente alla discrezionalità del pubblico ministero – lascerebbe inattuate, ancora una volta, le dichiarazioni di valore consacrate nell’art. 111 comma 3 della Costituzione, che riconosce ad ogni persona accusata di un reato il diritto di essere informata “nel più breve tempo possibile”.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.