La ricerca di cui questa tesi costituisce punto di arrivo muove dalla consapevolezza che disabilità e processo penale siano ancora due ambiti paralleli, autonomi e contrapposti, che non presentano punti di scambio e interazione comune; e ciò è confermato dal fatto che il legislatore e la giurisprudenza per più di un trentennio, pur nella vigenza del principio del giusto processo, hanno accantonato il tema, abbandonando la rilevanza di quelle necessità processuali per le persone con disabilità tali da consentire a queste ultime una cosciente e consapevole partecipazione al processo e, prima ancora, un effettivo diritto di accesso alla giustizia. Il punto di partenza sono state proprio le garanzie derivanti dalla costituzionalizzazione del giusto processo e del nuovo asset di garanzie che con esso sono divenute imprescindibili nella celebrazione del processo penale, divenendo metro e misura della ritualità processuale ed elemento di valutazione del grado di civiltà giuridica raggiunta nella celebrazione dello stesso. Pertanto, l’approccio proposto per il seguente studio è essenzialmente dubitativo: si è veramente giunti a quel livello tale che anche l’attività sociale del processo possa essere considerata inclusiva? Smorzando l’ottimismo intrinseco alla domanda, si assiste ad una disciplina variegata: inclusiva e garantista per talune categorie e contemporaneamente lacunosa e discriminatoria per altre; e sono proprio questi ultimi aspetti a costituire il punto di rottura dell’intera disciplina. L’analisi presentata, che tenta di operare una rilettura del codice di procedura penale filtrato dalle occorrenze delle persone con disabilità, mette in luce tali problematiche cercando non tanto di analizzarne gli effetti sul panorama processuale, quanto evidenziarne le possibili “vie di fuga” concrete che possano innalzare il valore dell’uomo e tutelarne, in chiave positiva, l’essenza e la partecipazione statale.
The research culminating in this thesis stems from the awareness that disability and the criminal trial process remain two parallel, autonomous, and opposing fields, lacking points of exchange and common interaction. This is confirmed by the fact that for more than thirty years, despite the principle of a fair trial being in effect, legislators and jurisprudence have set aside this issue, neglecting the relevance of procedural needs for persons with disabilities to enable them to participate consciously and knowingly in the process, and even before that, to have an effective right of access to justice. The starting point was precisely the guarantees derived from the constitutionalization of the fair trial and the new set of guarantees that have become essential in conducting criminal proceedings, becoming the standard and measure of procedural rituality and an element for evaluating the degree of legal civilization achieved in the conduct of the same. Therefore, the approach proposed for this study is essentially doubtful: have we really reached such a level that even the social activity of the process can be considered inclusive? Tempering the intrinsic optimism of the question, we observe a varied discipline: inclusive and guaranteeing for some categories while simultaneously incomplete and discriminatory for others; and it is these latter aspects that constitute the breaking point of the entire discipline. The analysis presented, which attempts to reinterpret the code of criminal procedure through the needs of persons with disabilities, highlights these problems, aiming not so much to analyze their effects on the procedural landscape, but to underline possible concrete “escape routes” that can elevate the value of the individual and positively protect their essence and state participation.
Il giusto processo alla prova della disabilità. Nuovi sentieri per una disciplina d'altri tempi / Gerardi, Alessandro. - (2024 Sep).
Il giusto processo alla prova della disabilità. Nuovi sentieri per una disciplina d'altri tempi.
GERARDI, Alessandro
2024-09-01
Abstract
La ricerca di cui questa tesi costituisce punto di arrivo muove dalla consapevolezza che disabilità e processo penale siano ancora due ambiti paralleli, autonomi e contrapposti, che non presentano punti di scambio e interazione comune; e ciò è confermato dal fatto che il legislatore e la giurisprudenza per più di un trentennio, pur nella vigenza del principio del giusto processo, hanno accantonato il tema, abbandonando la rilevanza di quelle necessità processuali per le persone con disabilità tali da consentire a queste ultime una cosciente e consapevole partecipazione al processo e, prima ancora, un effettivo diritto di accesso alla giustizia. Il punto di partenza sono state proprio le garanzie derivanti dalla costituzionalizzazione del giusto processo e del nuovo asset di garanzie che con esso sono divenute imprescindibili nella celebrazione del processo penale, divenendo metro e misura della ritualità processuale ed elemento di valutazione del grado di civiltà giuridica raggiunta nella celebrazione dello stesso. Pertanto, l’approccio proposto per il seguente studio è essenzialmente dubitativo: si è veramente giunti a quel livello tale che anche l’attività sociale del processo possa essere considerata inclusiva? Smorzando l’ottimismo intrinseco alla domanda, si assiste ad una disciplina variegata: inclusiva e garantista per talune categorie e contemporaneamente lacunosa e discriminatoria per altre; e sono proprio questi ultimi aspetti a costituire il punto di rottura dell’intera disciplina. L’analisi presentata, che tenta di operare una rilettura del codice di procedura penale filtrato dalle occorrenze delle persone con disabilità, mette in luce tali problematiche cercando non tanto di analizzarne gli effetti sul panorama processuale, quanto evidenziarne le possibili “vie di fuga” concrete che possano innalzare il valore dell’uomo e tutelarne, in chiave positiva, l’essenza e la partecipazione statale.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.