La nota sentenza “De Tommaso”, emessa dalla Corte EDU il 23 febbraio 2017, ha scosso il sistema della prevenzione, censurando la vaghezza e l’imprecisione sia delle previsioni descrittive di alcune delle categorie di pericolosità generica sia delle prescrizioni che possono essere imposte al destinatario della misura della sorveglianza speciale, con gli inevitabili riflessi anche sulle norme incriminatrici che puniscono la violazione di tali prescrizioni. Sulla scia di tale pronuncia è intervenuta la sentenza della Corte costituzionale n. 24 del 2019, con la quale è stata dichiarata l’illegittimità della previsione che consentiva l’applicazione delle misure di prevenzione personali e patrimoniali nei confronti delle persone « abitualmente dedite a traffici illeciti », imponendo, di conseguenza, la verifica della perdurante validità dei provvedimenti — pur se già divenuti definitivi — basati su quella fattispecie di pericolosità. Al di là degli effetti giuridici di più immediata evidenza, le due pronunce hanno chiaramente messo in luce la necessità di assicurare, anche nel settore della prevenzione, una lettura “tassativizzante” delle norme di riferimento, al fine di garantire la prevedibilità delle conseguenze connesse alla loro applicazione. L’esigenza di una idonea « base legale » è strettamente correlata, però, anche all’effettiva tutela del diritto di difesa, il cui esercizio è evidentemente condizionato dal grado di definizione del thema probandum, a sua volta dipendente dalla puntualità e dalla chiarezza della disposizione normativa che individua i presupposti per l’adozione della misura. In definitiva, l’esigenza di determinatezza imposta dalla Corte europea — e ribadita, poi, dalla Corte costituzionale — è funzionale alla formulazione di una proposta applicativa della misura di prevenzione in cui venga chiaramente individuata la fattispecie di pericolosità che si ritiene configurabile nel caso concreto, con l’indicazione dei fatti che giustificano quella determinazione. Affinché sia adeguatamente tutelato il diritto di difesa, occorre, tuttavia, garantire al proposto la facoltà di confrontarsi, sin dall’avvio del procedimento, con i dati di fatto rilevanti ai fini del giudizio, per poter preparare e sviluppare, su quei dati, un contraddittorio congruo, capace, cioè, di incidere effettivamente sulla pronuncia in ordine all’applicazione o meno della misura di prevenzione.
La necessaria determinatezza delle fattispecie di pericolosità e la tutela del diritto di difesa nel procedimento di prevenzione
Giuseppe Della Monica
2024-01-01
Abstract
La nota sentenza “De Tommaso”, emessa dalla Corte EDU il 23 febbraio 2017, ha scosso il sistema della prevenzione, censurando la vaghezza e l’imprecisione sia delle previsioni descrittive di alcune delle categorie di pericolosità generica sia delle prescrizioni che possono essere imposte al destinatario della misura della sorveglianza speciale, con gli inevitabili riflessi anche sulle norme incriminatrici che puniscono la violazione di tali prescrizioni. Sulla scia di tale pronuncia è intervenuta la sentenza della Corte costituzionale n. 24 del 2019, con la quale è stata dichiarata l’illegittimità della previsione che consentiva l’applicazione delle misure di prevenzione personali e patrimoniali nei confronti delle persone « abitualmente dedite a traffici illeciti », imponendo, di conseguenza, la verifica della perdurante validità dei provvedimenti — pur se già divenuti definitivi — basati su quella fattispecie di pericolosità. Al di là degli effetti giuridici di più immediata evidenza, le due pronunce hanno chiaramente messo in luce la necessità di assicurare, anche nel settore della prevenzione, una lettura “tassativizzante” delle norme di riferimento, al fine di garantire la prevedibilità delle conseguenze connesse alla loro applicazione. L’esigenza di una idonea « base legale » è strettamente correlata, però, anche all’effettiva tutela del diritto di difesa, il cui esercizio è evidentemente condizionato dal grado di definizione del thema probandum, a sua volta dipendente dalla puntualità e dalla chiarezza della disposizione normativa che individua i presupposti per l’adozione della misura. In definitiva, l’esigenza di determinatezza imposta dalla Corte europea — e ribadita, poi, dalla Corte costituzionale — è funzionale alla formulazione di una proposta applicativa della misura di prevenzione in cui venga chiaramente individuata la fattispecie di pericolosità che si ritiene configurabile nel caso concreto, con l’indicazione dei fatti che giustificano quella determinazione. Affinché sia adeguatamente tutelato il diritto di difesa, occorre, tuttavia, garantire al proposto la facoltà di confrontarsi, sin dall’avvio del procedimento, con i dati di fatto rilevanti ai fini del giudizio, per poter preparare e sviluppare, su quei dati, un contraddittorio congruo, capace, cioè, di incidere effettivamente sulla pronuncia in ordine all’applicazione o meno della misura di prevenzione.File | Dimensione | Formato | |
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