La modifica dell’art. 438 comma 5 c.p.p., operata dalla riforma “Cartabia”, rappresenta l’ultimo approdo di un iter lungo e articolato, all’esito del quale il giudizio abbreviato ha smarrito la sua connotazione tipica di rito « allo stato degli atti », aprendosi, sempre di più, a meccanismi di integrazione probatoria, su impulso dell’imputato o disposti ex officio, volti ad ampliare la base cognitiva posta a fondamento della decisione. Si è, così, affiancata alla forma “classica” del rito abbreviato — in cui il giudice dispone unicamente degli atti raccolti nel fascicolo delle indagini preliminari — una versione “integrata”, attivabile dalla difesa con una richiesta condizionata all’assunzione dei mezzi di prova che risultino, nel contempo, necessari ai fini della decisione e non pregiudizievoli per le esigenze di economia processuale proprie del rito. Il novellato art. 438 comma 5 c.p.p. — recependo le indicazioni fornite dalla Corte costituzionale e poi avallate dalle Sezioni unite — ha rimodulato i parametri della valutazione del giudice con riferimento al requisito della economia processuale, prima focalizzato sulla generica compatibilità dell’istruttoria integrativa con le esigenze di celerità proprie del rito ed ora imperniato, invece, sulla effettiva contrazione, anche minima, dei tempi di definizione del processo. La disposizione — nel chiaro intento di incentivare le richieste di rito alternativo e di agevolarne l’accoglimento — restringe significativamente i margini di discrezionalità dell’organo giurisdizionale, alla cui sensibilità resta, comunque, affidato il raggiungimento degli obiettivi della riforma.

La richiesta di giudizio abbreviato condizionato dopo la riforma “Cartabia”

Giuseppe Della Monica
2024-01-01

Abstract

La modifica dell’art. 438 comma 5 c.p.p., operata dalla riforma “Cartabia”, rappresenta l’ultimo approdo di un iter lungo e articolato, all’esito del quale il giudizio abbreviato ha smarrito la sua connotazione tipica di rito « allo stato degli atti », aprendosi, sempre di più, a meccanismi di integrazione probatoria, su impulso dell’imputato o disposti ex officio, volti ad ampliare la base cognitiva posta a fondamento della decisione. Si è, così, affiancata alla forma “classica” del rito abbreviato — in cui il giudice dispone unicamente degli atti raccolti nel fascicolo delle indagini preliminari — una versione “integrata”, attivabile dalla difesa con una richiesta condizionata all’assunzione dei mezzi di prova che risultino, nel contempo, necessari ai fini della decisione e non pregiudizievoli per le esigenze di economia processuale proprie del rito. Il novellato art. 438 comma 5 c.p.p. — recependo le indicazioni fornite dalla Corte costituzionale e poi avallate dalle Sezioni unite — ha rimodulato i parametri della valutazione del giudice con riferimento al requisito della economia processuale, prima focalizzato sulla generica compatibilità dell’istruttoria integrativa con le esigenze di celerità proprie del rito ed ora imperniato, invece, sulla effettiva contrazione, anche minima, dei tempi di definizione del processo. La disposizione — nel chiaro intento di incentivare le richieste di rito alternativo e di agevolarne l’accoglimento — restringe significativamente i margini di discrezionalità dell’organo giurisdizionale, alla cui sensibilità resta, comunque, affidato il raggiungimento degli obiettivi della riforma.
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