Lo scritto apparso nel 1999 commenta un “leading case” della Cassazione, che riconosce il diritto a separare / rivendicare dalla massa attiva fallimentare ai sensi dell’art. 103 l.f. beni fungibili (titoli depositati, strumenti finanziari) anche confusi, purché l’affidamento al gestore/intermediario risulti da scrittura avente data certa anteriore alla dichiarazione di fallimento (conformemente al principio dell’art. 1707 c.c.), conservandone l’affidante/gerito – in presenza di un tale presupposto – la proprietà. Il commento apprezza la conclusione cui perviene la Cassazione, censurando tuttavia il percorso argomentativo utilizzato. Nel caso controverso (regolato dal diritto ante vigente alla legge n. 1/1991) non di proprietà in senso civilistico si tratta (art. 832 c.c.) e si domanda tutela (art. 948 c.c.). Fra l’altro, la commistione dei beni fungibili porta sempre alla estinzione del diritto singolare – art. 939 c.c. – e non sarà una formalità documentale ad impedirlo. Nel caso controverso la Cassazione decide il conflitto delineando (non una proprietà singolare bensì) una situazione opponibile ai creditori concorrenti. Tali conflitti nel nostro ordinamento non vengono risolti sulla base della titolarità del diritto di proprietà, sibbene della condizione di opponibilità di un titolo di disposizione (leggasi: alienazione / affidamento / destinazione – artt. 2914/2915/1707 c.c.). Ma bisogna apprezzare che – usando la ipostasi di uso corrente (la “proprietà del mandatario”) di quella che a ben vedere è una disciplina funzionale – la Cassazione ha impresso con questa decisione una importante innovazione: al di là del lessico impiegato, essa rappresenta un notevole ravvicinamento tra diritto giurisprudenziale e “diritto dei professori”.

La Cassazione fa un passo avanti rispetto alla giurisprudenza consolidata in materia di rivendicazione fallimentare (art. 103 legge fall.) di quantità di fungibili non individuati (nota a Cassazione, 14 ottobre 1997, n. 10031 e a Tribunale Torino, 23 gennaio 1998)

SALAMONE, Luigi
1999-01-01

Abstract

Lo scritto apparso nel 1999 commenta un “leading case” della Cassazione, che riconosce il diritto a separare / rivendicare dalla massa attiva fallimentare ai sensi dell’art. 103 l.f. beni fungibili (titoli depositati, strumenti finanziari) anche confusi, purché l’affidamento al gestore/intermediario risulti da scrittura avente data certa anteriore alla dichiarazione di fallimento (conformemente al principio dell’art. 1707 c.c.), conservandone l’affidante/gerito – in presenza di un tale presupposto – la proprietà. Il commento apprezza la conclusione cui perviene la Cassazione, censurando tuttavia il percorso argomentativo utilizzato. Nel caso controverso (regolato dal diritto ante vigente alla legge n. 1/1991) non di proprietà in senso civilistico si tratta (art. 832 c.c.) e si domanda tutela (art. 948 c.c.). Fra l’altro, la commistione dei beni fungibili porta sempre alla estinzione del diritto singolare – art. 939 c.c. – e non sarà una formalità documentale ad impedirlo. Nel caso controverso la Cassazione decide il conflitto delineando (non una proprietà singolare bensì) una situazione opponibile ai creditori concorrenti. Tali conflitti nel nostro ordinamento non vengono risolti sulla base della titolarità del diritto di proprietà, sibbene della condizione di opponibilità di un titolo di disposizione (leggasi: alienazione / affidamento / destinazione – artt. 2914/2915/1707 c.c.). Ma bisogna apprezzare che – usando la ipostasi di uso corrente (la “proprietà del mandatario”) di quella che a ben vedere è una disciplina funzionale – la Cassazione ha impresso con questa decisione una importante innovazione: al di là del lessico impiegato, essa rappresenta un notevole ravvicinamento tra diritto giurisprudenziale e “diritto dei professori”.
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