La Corte di Giustizia si pronuncia ancora una volta sulla clausola 5 dell’accordo-quadro sul lavoro a tempo determinato, in allegato alla direttiva 1999/70/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, relativa all’accordo-quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato, che in questo caso, dev’essere interpretata nel senso che essa non osta a una normativa nazionale che, da un lato, non sanziona il ricorso abusivo, da parte di un datore di lavoro rientrante nel settore pubblico, a una successione di contratti a tempo determinato mediante il versamento, al lavoratore interessato, di un’indennità volta a compensare la mancata trasformazione del rapporto di lavoro a tempo determinato in un rapporto di lavoro a tempo indeterminato bensì, dall’altro, prevede la concessione di un’indennità compresa tra 2,5 e 12 mensilità dell’ultima retribuzione di detto lavoratore, accompagnata dalla possibilità, per quest’ultimo, di ottenere il risarcimento integrale del danno dimostrando, mediante presunzioni, la perdita di opportunità di trovare un impiego o il fatto che, qualora un concorso fosse stato organizzato in modo regolare, egli lo avrebbe superato, purché una siffatta normativa sia accompagnata da un meccanismo sanzionatorio effettivo e dissuasivo, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare. L'autore in adesione alla soluzione adottata dalal Corte, contestualizza la questione in relazione all'ordinamento nazionale italiano.

Sull’abuso del contratto a termine nella PA la Corte di giustizia conferma i limiti di interlocuzione con il legislatore italiano: da lì non si passa

Pasquale Passalacqua
2019-01-01

Abstract

La Corte di Giustizia si pronuncia ancora una volta sulla clausola 5 dell’accordo-quadro sul lavoro a tempo determinato, in allegato alla direttiva 1999/70/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, relativa all’accordo-quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato, che in questo caso, dev’essere interpretata nel senso che essa non osta a una normativa nazionale che, da un lato, non sanziona il ricorso abusivo, da parte di un datore di lavoro rientrante nel settore pubblico, a una successione di contratti a tempo determinato mediante il versamento, al lavoratore interessato, di un’indennità volta a compensare la mancata trasformazione del rapporto di lavoro a tempo determinato in un rapporto di lavoro a tempo indeterminato bensì, dall’altro, prevede la concessione di un’indennità compresa tra 2,5 e 12 mensilità dell’ultima retribuzione di detto lavoratore, accompagnata dalla possibilità, per quest’ultimo, di ottenere il risarcimento integrale del danno dimostrando, mediante presunzioni, la perdita di opportunità di trovare un impiego o il fatto che, qualora un concorso fosse stato organizzato in modo regolare, egli lo avrebbe superato, purché una siffatta normativa sia accompagnata da un meccanismo sanzionatorio effettivo e dissuasivo, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare. L'autore in adesione alla soluzione adottata dalal Corte, contestualizza la questione in relazione all'ordinamento nazionale italiano.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11580/72228
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