Gli argomenti proposti da Folena e alcuni aggiuntivi relativi al planh di Aimeric de Peguilhan suggeriscono la possibilità che Dante, delineando i tratti della sua Beatrice, possa aver messo in relazione su un piano figurale varie caratteristiche già associate al personaggio della Beata Beatrix. A dare corpo a questo sospetto parrebbe concorrere un ulteriore, significativo argomento, che cioè Giovanna, Lagia e Selvaggia, insomma i più importanti elementi del canone onomastico degli stilnovisti corrispondono a nomi di ben note nobildonne italiane e provenzali cantate dai trovatori. Dunque la genesi dell’intero canone onomastico delle donne cantate dai poeti stilnovisti potrebbe effettivamente implicare procedimenti di mutuazione dall’esperienza lirica dei trovatori occitanici attivi presso le corti italiane a cavallo dei secoli XII e XIII. Si aggiungerà che la lezione «nover de le trenta», attestata per il sonetto sonetto «Guido, i’ vorrei», suggerisce un riferimento ai canoni onomastici trobadorici composti da un numero “tondo” di dame (o gruppi omogenei di esse), trenta il più delle volte. Dante potrebbe essersi attenuto a questa regola, componendo il suo sirventese sulla base di questo numero, che peraltro ben rispondeva alla sua estetica numerologica e che tornava benissimo anche con il nome di Beatrix, nel quale è celato proprio il trenta, XXX = “tri X”.

Le donne degli stilnovisti e la lirica trobadorica in Italia, in Nature et définition de la source

FUKSAS, Anatole Pierre;
2016-01-01

Abstract

Gli argomenti proposti da Folena e alcuni aggiuntivi relativi al planh di Aimeric de Peguilhan suggeriscono la possibilità che Dante, delineando i tratti della sua Beatrice, possa aver messo in relazione su un piano figurale varie caratteristiche già associate al personaggio della Beata Beatrix. A dare corpo a questo sospetto parrebbe concorrere un ulteriore, significativo argomento, che cioè Giovanna, Lagia e Selvaggia, insomma i più importanti elementi del canone onomastico degli stilnovisti corrispondono a nomi di ben note nobildonne italiane e provenzali cantate dai trovatori. Dunque la genesi dell’intero canone onomastico delle donne cantate dai poeti stilnovisti potrebbe effettivamente implicare procedimenti di mutuazione dall’esperienza lirica dei trovatori occitanici attivi presso le corti italiane a cavallo dei secoli XII e XIII. Si aggiungerà che la lezione «nover de le trenta», attestata per il sonetto sonetto «Guido, i’ vorrei», suggerisce un riferimento ai canoni onomastici trobadorici composti da un numero “tondo” di dame (o gruppi omogenei di esse), trenta il più delle volte. Dante potrebbe essersi attenuto a questa regola, componendo il suo sirventese sulla base di questo numero, che peraltro ben rispondeva alla sua estetica numerologica e che tornava benissimo anche con il nome di Beatrix, nel quale è celato proprio il trenta, XXX = “tri X”.
2016
978-2-313-005-682
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