Nella storia critica degli affreschi di Acquanegra i personaggi veterotestamentari dipinti sulle pareti della navata maggiore sono sempre stati associati, per stile e significato, alle miniature delle Bibbie Atlantiche, le edizioni della Vulgata prodotte nell’Urbe a partire dalla seconda metà dell’XI secolo, espressione della Riforma Gregoriana. La nuova interpretazione proposta in questo volume supera la tradizionale identificazione dei personaggi raffigurati nella chiesa di San Tommaso come personificazioni dei Libri del Vecchio Testamento. È dunque necessario riconsiderare il rapporto tra affreschi e Bibbie Atlantiche, verificando se davvero i primi derivarono dalle seconde, o se invece non condividano fonti comuni. Purtroppo gli scarsi resti di decorazione sopravvissuti sul prospetto ovest dell’arco trionfale ad Acquanegra non permettono di stabilire se a San Tommaso si fosse scelta la versione della Genesi quale è appunto attestata nelle Atlantiche, o non piuttosto quella lombarda, indipendente dalla recensione romana. Per quanto riguarda le figure dei protagonisti del Vecchio Testamento che nelle Bibbie Atlantiche introducono i singoli libri, essi non solo rivelano notevoli differenze nei vari manoscritti, ma sono diversi, per sequenza e per iconografia, da quelli affrescati ad Acquanegra. Sia le miniature che gli affreschi mostrano però significative somiglianze con i profeti raffigurati nei cicli paleocristiani di San Paolo fuori le mura e di San Pietro. È plausibile che il trasferimento dall’archetipo comune, le basiliche patriarcali romane, sia avvenuto in maniera indipendente, mediato forse da guide o collezioni di modelli, come il pattern sheet aggiunto nel XII secolo all’inizio dell’Orosio Vat. lat. 1976. 12 Profeti minori disegnati sul bifolio possono confrontarsi con quelli miniati nelle Bibbie Atlantiche e con quelli di Acquanegra. La ricezione di programmi figurativi veterotestamentari di matrice paleocristiana romana è coerente, anche nell’Italia settentrionale, con il clima ideologico della Riforma Gregoriana. A partire dalla seconda metà dell’XI e per tutto il secolo seguente il revival figurativo dei protagonisti dell’Antico Testamento si esprime, dal Lazio alla Campania, alla Sicilia e all’Italia settentrionale, affidando ai testi scritti nei cartigli retti dalle figure la chiave interpretativa dei programmi iconografici. Nelle Bibbie Atlantiche soltanto quella di Santa Cecilia, Barb. lat. 587, presenta cartigli iscritti, qui per la prima volta identificati. I passi sono tratti dai libri di cui i personaggi che reggono i rotoli e i codici, siano essi autori o attori principali, segnalano l’incipit. Essi denotano una selezione attenta e consapevole, mirata a rimarcare alcuni temi cardine, strategicamente enucleati ed evidenziati: il trionfo della Chiesa, il concetto di Cristo rex et sacredos, l’obbedienza e la sottomissione del potere temporale (1 Sam 15, 22). Le iscrizioni della Bibbia di Santa Cecilia coincidono solo sporadicamente con quelle di altri insiemi epigrafici monumentali contemporanei o di poco successivi (porta bronzea di san Paolo fuori le mura, affreschi di Sant’Angelo in Formis, di San Paolo inter vineas a Spoleto, di San Nicola in carcere a Roma, di Sant’Angelo Magno ad Ascoli Piceno, di Sant’Anastasio a Castel Sant’Elia). Nessuno dei versetti della Barb. lat. 587 trova inoltre corrispondenze ad Acquanegra, a riprova dell’inesistenza di un corpus rigidamente stabilito. Ma proprio questa variabilità, soprattutto in cicli ideologicamente, cronologicamente o geograficamente legati a Roma e/o al clima riformato, diventa una cartina al tornasole per valutare significato e orientamento dei programmi iconografici. Tra tutti i cicli sopravvissuti è quello scolpito sugli stipiti del portale centrale del Duomo di Modena che più si accosta, per la trasparenza del messaggio riformato, a quello miniato sulle pagine delle Bibbie Atlantiche e, in parte, anche a quello affrescato sulle pareti della navata di San Tommaso ad Acquanegra. A Modena, anche se rotoli e libri sono vuoti, Abacuc (con un calice), Ezechiele, Isaia, Geremia, Malachia, Sofonia, Daniele, Zaccaria, Michea e Abdia, insieme a Mosè (con le tavole della Legge) e ad Aronne (con il bastone del comando) affermano la centralità della missione redentiva della Chiesa e incarnano il ruolo sacramentale e giuridico del sacerdozio, mentre la scelta dei Profeti minori rispecchia in maniera esplicita l’interpretazione antiereticale del commento di Gerolamo.

Rappresentare i protagonisti dell’Antico Testamento, fra libro miniato e pittura monumentale

OROFINO, Giulia
2015-01-01

Abstract

Nella storia critica degli affreschi di Acquanegra i personaggi veterotestamentari dipinti sulle pareti della navata maggiore sono sempre stati associati, per stile e significato, alle miniature delle Bibbie Atlantiche, le edizioni della Vulgata prodotte nell’Urbe a partire dalla seconda metà dell’XI secolo, espressione della Riforma Gregoriana. La nuova interpretazione proposta in questo volume supera la tradizionale identificazione dei personaggi raffigurati nella chiesa di San Tommaso come personificazioni dei Libri del Vecchio Testamento. È dunque necessario riconsiderare il rapporto tra affreschi e Bibbie Atlantiche, verificando se davvero i primi derivarono dalle seconde, o se invece non condividano fonti comuni. Purtroppo gli scarsi resti di decorazione sopravvissuti sul prospetto ovest dell’arco trionfale ad Acquanegra non permettono di stabilire se a San Tommaso si fosse scelta la versione della Genesi quale è appunto attestata nelle Atlantiche, o non piuttosto quella lombarda, indipendente dalla recensione romana. Per quanto riguarda le figure dei protagonisti del Vecchio Testamento che nelle Bibbie Atlantiche introducono i singoli libri, essi non solo rivelano notevoli differenze nei vari manoscritti, ma sono diversi, per sequenza e per iconografia, da quelli affrescati ad Acquanegra. Sia le miniature che gli affreschi mostrano però significative somiglianze con i profeti raffigurati nei cicli paleocristiani di San Paolo fuori le mura e di San Pietro. È plausibile che il trasferimento dall’archetipo comune, le basiliche patriarcali romane, sia avvenuto in maniera indipendente, mediato forse da guide o collezioni di modelli, come il pattern sheet aggiunto nel XII secolo all’inizio dell’Orosio Vat. lat. 1976. 12 Profeti minori disegnati sul bifolio possono confrontarsi con quelli miniati nelle Bibbie Atlantiche e con quelli di Acquanegra. La ricezione di programmi figurativi veterotestamentari di matrice paleocristiana romana è coerente, anche nell’Italia settentrionale, con il clima ideologico della Riforma Gregoriana. A partire dalla seconda metà dell’XI e per tutto il secolo seguente il revival figurativo dei protagonisti dell’Antico Testamento si esprime, dal Lazio alla Campania, alla Sicilia e all’Italia settentrionale, affidando ai testi scritti nei cartigli retti dalle figure la chiave interpretativa dei programmi iconografici. Nelle Bibbie Atlantiche soltanto quella di Santa Cecilia, Barb. lat. 587, presenta cartigli iscritti, qui per la prima volta identificati. I passi sono tratti dai libri di cui i personaggi che reggono i rotoli e i codici, siano essi autori o attori principali, segnalano l’incipit. Essi denotano una selezione attenta e consapevole, mirata a rimarcare alcuni temi cardine, strategicamente enucleati ed evidenziati: il trionfo della Chiesa, il concetto di Cristo rex et sacredos, l’obbedienza e la sottomissione del potere temporale (1 Sam 15, 22). Le iscrizioni della Bibbia di Santa Cecilia coincidono solo sporadicamente con quelle di altri insiemi epigrafici monumentali contemporanei o di poco successivi (porta bronzea di san Paolo fuori le mura, affreschi di Sant’Angelo in Formis, di San Paolo inter vineas a Spoleto, di San Nicola in carcere a Roma, di Sant’Angelo Magno ad Ascoli Piceno, di Sant’Anastasio a Castel Sant’Elia). Nessuno dei versetti della Barb. lat. 587 trova inoltre corrispondenze ad Acquanegra, a riprova dell’inesistenza di un corpus rigidamente stabilito. Ma proprio questa variabilità, soprattutto in cicli ideologicamente, cronologicamente o geograficamente legati a Roma e/o al clima riformato, diventa una cartina al tornasole per valutare significato e orientamento dei programmi iconografici. Tra tutti i cicli sopravvissuti è quello scolpito sugli stipiti del portale centrale del Duomo di Modena che più si accosta, per la trasparenza del messaggio riformato, a quello miniato sulle pagine delle Bibbie Atlantiche e, in parte, anche a quello affrescato sulle pareti della navata di San Tommaso ad Acquanegra. A Modena, anche se rotoli e libri sono vuoti, Abacuc (con un calice), Ezechiele, Isaia, Geremia, Malachia, Sofonia, Daniele, Zaccaria, Michea e Abdia, insieme a Mosè (con le tavole della Legge) e ad Aronne (con il bastone del comando) affermano la centralità della missione redentiva della Chiesa e incarnano il ruolo sacramentale e giuridico del sacerdozio, mentre la scelta dei Profeti minori rispecchia in maniera esplicita l’interpretazione antiereticale del commento di Gerolamo.
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