In tema di culture urbane, Napoli rappresenta certo un laboratorio a cielo aperto sui fenomeni di resistenza e ibridazione culturale fra materiali della tradizione, prodotti delle industrie culturali e forme di espressione marginali. Nel suo territorio – come in quello di molte altre grandi metropoli – s’intrecciano produzioni, culture, “paesaggi” sonori e musicali. Il caso napoletano si presenta, però, ricco di peculiarità anche per la presenza – costante dal XIX secolo – di una produzione musicale dalla forte valenza identitaria che nello stesso tempo, per un certo periodo, ha saputo farsi mainstream: la canzone napoletana. Che, a sua volta, affonda le sue radici in processi di interpenetrazione fra materiali eterogenei (canti contadini, frammenti operistici, estrapolazioni dalla letteratura di colportage, cultura musicale tradizionale cittadina, ecc.) in cui trovavano espressione fenomeni come la ininterrotta immigrazione a Napoli da altre province del Regno e il continuo, quotidiano, pendolarismo dei cafoni fra la città e le campagne circostanti. Questo “laboratorio”, dunque, ha cominciato a funzionare molto tempo fa, e possiede una vitalità che pare inesauribile. Questo contributo è dedicato alle dinamiche culturali e a quelle dell’offerta e della domanda di canzoni in dialetto napoletano, negli anni a cavallo dell’Unità d’Italia, quando si formarono i materiali sonori e testuali – ma anche alcuni dispositivi di produzione/consumo – di quella che verrà in seguito chiamata ‘canzone napoletana classica’.

Back to the future. Guillaime Cottrau. Viaggio temporale fra "Divertimenti per pianoforte" e canzone napoletana. Ovvero la storia ricostruita dai suoi esiti.

STAZIO, Marialuisa
2013-01-01

Abstract

In tema di culture urbane, Napoli rappresenta certo un laboratorio a cielo aperto sui fenomeni di resistenza e ibridazione culturale fra materiali della tradizione, prodotti delle industrie culturali e forme di espressione marginali. Nel suo territorio – come in quello di molte altre grandi metropoli – s’intrecciano produzioni, culture, “paesaggi” sonori e musicali. Il caso napoletano si presenta, però, ricco di peculiarità anche per la presenza – costante dal XIX secolo – di una produzione musicale dalla forte valenza identitaria che nello stesso tempo, per un certo periodo, ha saputo farsi mainstream: la canzone napoletana. Che, a sua volta, affonda le sue radici in processi di interpenetrazione fra materiali eterogenei (canti contadini, frammenti operistici, estrapolazioni dalla letteratura di colportage, cultura musicale tradizionale cittadina, ecc.) in cui trovavano espressione fenomeni come la ininterrotta immigrazione a Napoli da altre province del Regno e il continuo, quotidiano, pendolarismo dei cafoni fra la città e le campagne circostanti. Questo “laboratorio”, dunque, ha cominciato a funzionare molto tempo fa, e possiede una vitalità che pare inesauribile. Questo contributo è dedicato alle dinamiche culturali e a quelle dell’offerta e della domanda di canzoni in dialetto napoletano, negli anni a cavallo dell’Unità d’Italia, quando si formarono i materiali sonori e testuali – ma anche alcuni dispositivi di produzione/consumo – di quella che verrà in seguito chiamata ‘canzone napoletana classica’.
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