Il saggio parte da una premessa di carattere generale, o sistematica. Il conferimento d’opera non è suscettibile di assimilazione agli altri conferimenti “non in contanti” (secondo la terminologia comunitaria): questi ultimi hanno per oggetto la destinazione di ricchezza presente, il primo invece ha per oggetto la capacità di contribuzione del socio – attraverso le di lui prestazioni d’opera o di servizi – alla produzione di reddito in capo alla società. La stima del conferimento d’opera è sempre prospettica, è un giudizio pronostico che non si riferisce a ricchezza destinata qui e adesso. Operativamente, la modalità di determinazione della effettiva liberazione del conferimento d’opera si traduce nella tecnica dell’ammortamento (sicché nel lavoro si propone di parlare di “conferimento da utili”, diversamente dalle altre fattispecie, “conferimenti da capitali”, parafrasando la nota distinzione in uso nelle scienze aziendali tra “riserve da utili” [es. la riserva legale] e “riserve da capitale” [es. riserva da sopraprezzo di azioni o quote]). Nella ricostruzione che segue bisogna anche tener in conto il divieto – per la s.p.a. – di capitalizzazione del conferimento d’opera (art. 2342, comma 5, c.c.); mentre ricordare che per la s.r.l. il codice civile consente ora anche la capitalizzazione, a certe condizioni, del conferimento d’opera (art. 2464, comma 6, c.c.). Quanto della premessa generale sia replicabile in punto di disciplina della trasformazione omogenea ed evolutiva è oggetto di analisi del presente lavoro. Il saggio analizza fattispecie e condizioni di applicazione della disciplina dettata dall’art. 2500 quater, commi 2 e 3, c.c.; disposizione che non può assimilarsi alla disciplina della formazione del capitale, considerato che la trasformazione a) è vicenda nella quale si incontra un capitale già formato e che b) rispetto alla formazione del capitale essa è tendenzialmente neutra (salva l’applicazione delle regole cogenti del tipo: così ad es. art. 2500 ter, comma 2, c.c.). Prendendo in considerazione le fattispecie, nel saggio ci si chiede a quali situazioni si alluda attraverso l’espressione “socio d’opera” utilizzata nell’art. 2500 quater, comma 2, c.c.: nella prospettiva della trasformazione risulta quasi ridondante parlare di “conferimento d’opera” nella misura nella quale lo stesso sia stato liberato ed il patrimonio netto conseguentemente formato. Così, occorre distinguere tra le ipotesi in cui il conferimento d’opera fu originariamente valutato oppure non. Nel diritto delle società di persone la valutazione del conferimento d’opera equivale a capitalizzazione: se questa non è avvenuta originariamente, avverrà o al momento di applicare l’art. 2263, comma 2 , c.c. (ripartizione di utili o perdite di periodo dell’iniziativa sociale) o, al più tardi, al momento di applicare l’art. 2282, comma 2, c.c. (ripartizione di utili o perdite finali, cioè del residuo finale [se esistente] dell’iniziativa sociale). In difetto, il socio d’opera non parteciperebbe alle perdite, mentre all’utile residuo parteciperebbe, al più, solo in misura postergata (con palese violazione dell’art. 2247 c.c.). Sicché, nelle situazioni nelle quali il conferimento d’opera sia stato già integralmente liberato al momento in cui è attuata la trasformazione, è necessario che sia valutato – se ciò non è stato fatto ab origine – il contributo del socio alla formazione del patrimonio netto. Di conseguenza, in caso di conferimento d’opera già capitalizzato ed integralmente liberato, trova applicazione soltanto l’art. 2500 quater, comma 1, c.c. - principio di neutralità della trasformazione circa la proporzione di azioni o quote da assegnarsi a ciascun socio. Al momento della trasformazione, il “socio d’opera” è già divenuto optimo iure un “socio di capitale”. Ove il conferimento d’opera sia stato originariamente (valutato e) capitalizzato, ma non interamente liberato al momento in cui si attua la trasformazione, se il tipo di arrivo è una s.p.a. l’art. 2500 quater, commi 2 e 3, c.c. si applica soltanto alla parte di conferimento non ancora liberata, fermo restando il principio di neutralità rivisitato attraverso la “mediazione” dell’art. 2500 quater, comma 2, c.c. per la parte liberata, con conseguente assegnazione di azioni, mentre è inapplicabile il comma 3; trattandosi di s.rl., si può seguire tanto la strada obbligata per la s.p.a., tanto la diversa strada della capitalizzazione dell’intero conferimento, previa prestazione di garanzia/cauzione per la parte non liberata con conseguente assegnazione di quote in disapplicazione dell’art. 2500 quater, comma 3, c.c. Ove il conferimento non sia stato ancora (valutato e) capitalizzato, l’art. 2500 quater, comma 2, c.c. impone – per la parte già liberata – la valutazione e con questa, secondo una tecnica che presenta affinità con quella dell’art. 2263, comma 2, c.c.: lo scioglimento di una società di persone oppure la trasformazione in società di capitali comportano obblighi di (valutazione e) capitalizzazione analoghi. Poi, per la parte già liberata, conseguiranno l’assegnazione di azioni o quote; mentre per la parte non liberata sarà necessario applicare per la s.p.a. il comma 3 dell’art. 2500 quater c.c.; per la s.r.l. si potrà seguire lo stesso itinerario che per la s.p.a. oppure capitalizzare il conferimento e, disapplicando il comma 3 dell’art. 2500 quater c.c., capitalizzare l’intero conferimento, previa prestazione di garanzia/cauzione per la parte non liberata.

Trasformazione evolutiva: assegnazione delle partecipazioni sociali e socio d’opera

SALAMONE, Luigi
2010-01-01

Abstract

Il saggio parte da una premessa di carattere generale, o sistematica. Il conferimento d’opera non è suscettibile di assimilazione agli altri conferimenti “non in contanti” (secondo la terminologia comunitaria): questi ultimi hanno per oggetto la destinazione di ricchezza presente, il primo invece ha per oggetto la capacità di contribuzione del socio – attraverso le di lui prestazioni d’opera o di servizi – alla produzione di reddito in capo alla società. La stima del conferimento d’opera è sempre prospettica, è un giudizio pronostico che non si riferisce a ricchezza destinata qui e adesso. Operativamente, la modalità di determinazione della effettiva liberazione del conferimento d’opera si traduce nella tecnica dell’ammortamento (sicché nel lavoro si propone di parlare di “conferimento da utili”, diversamente dalle altre fattispecie, “conferimenti da capitali”, parafrasando la nota distinzione in uso nelle scienze aziendali tra “riserve da utili” [es. la riserva legale] e “riserve da capitale” [es. riserva da sopraprezzo di azioni o quote]). Nella ricostruzione che segue bisogna anche tener in conto il divieto – per la s.p.a. – di capitalizzazione del conferimento d’opera (art. 2342, comma 5, c.c.); mentre ricordare che per la s.r.l. il codice civile consente ora anche la capitalizzazione, a certe condizioni, del conferimento d’opera (art. 2464, comma 6, c.c.). Quanto della premessa generale sia replicabile in punto di disciplina della trasformazione omogenea ed evolutiva è oggetto di analisi del presente lavoro. Il saggio analizza fattispecie e condizioni di applicazione della disciplina dettata dall’art. 2500 quater, commi 2 e 3, c.c.; disposizione che non può assimilarsi alla disciplina della formazione del capitale, considerato che la trasformazione a) è vicenda nella quale si incontra un capitale già formato e che b) rispetto alla formazione del capitale essa è tendenzialmente neutra (salva l’applicazione delle regole cogenti del tipo: così ad es. art. 2500 ter, comma 2, c.c.). Prendendo in considerazione le fattispecie, nel saggio ci si chiede a quali situazioni si alluda attraverso l’espressione “socio d’opera” utilizzata nell’art. 2500 quater, comma 2, c.c.: nella prospettiva della trasformazione risulta quasi ridondante parlare di “conferimento d’opera” nella misura nella quale lo stesso sia stato liberato ed il patrimonio netto conseguentemente formato. Così, occorre distinguere tra le ipotesi in cui il conferimento d’opera fu originariamente valutato oppure non. Nel diritto delle società di persone la valutazione del conferimento d’opera equivale a capitalizzazione: se questa non è avvenuta originariamente, avverrà o al momento di applicare l’art. 2263, comma 2 , c.c. (ripartizione di utili o perdite di periodo dell’iniziativa sociale) o, al più tardi, al momento di applicare l’art. 2282, comma 2, c.c. (ripartizione di utili o perdite finali, cioè del residuo finale [se esistente] dell’iniziativa sociale). In difetto, il socio d’opera non parteciperebbe alle perdite, mentre all’utile residuo parteciperebbe, al più, solo in misura postergata (con palese violazione dell’art. 2247 c.c.). Sicché, nelle situazioni nelle quali il conferimento d’opera sia stato già integralmente liberato al momento in cui è attuata la trasformazione, è necessario che sia valutato – se ciò non è stato fatto ab origine – il contributo del socio alla formazione del patrimonio netto. Di conseguenza, in caso di conferimento d’opera già capitalizzato ed integralmente liberato, trova applicazione soltanto l’art. 2500 quater, comma 1, c.c. - principio di neutralità della trasformazione circa la proporzione di azioni o quote da assegnarsi a ciascun socio. Al momento della trasformazione, il “socio d’opera” è già divenuto optimo iure un “socio di capitale”. Ove il conferimento d’opera sia stato originariamente (valutato e) capitalizzato, ma non interamente liberato al momento in cui si attua la trasformazione, se il tipo di arrivo è una s.p.a. l’art. 2500 quater, commi 2 e 3, c.c. si applica soltanto alla parte di conferimento non ancora liberata, fermo restando il principio di neutralità rivisitato attraverso la “mediazione” dell’art. 2500 quater, comma 2, c.c. per la parte liberata, con conseguente assegnazione di azioni, mentre è inapplicabile il comma 3; trattandosi di s.rl., si può seguire tanto la strada obbligata per la s.p.a., tanto la diversa strada della capitalizzazione dell’intero conferimento, previa prestazione di garanzia/cauzione per la parte non liberata con conseguente assegnazione di quote in disapplicazione dell’art. 2500 quater, comma 3, c.c. Ove il conferimento non sia stato ancora (valutato e) capitalizzato, l’art. 2500 quater, comma 2, c.c. impone – per la parte già liberata – la valutazione e con questa, secondo una tecnica che presenta affinità con quella dell’art. 2263, comma 2, c.c.: lo scioglimento di una società di persone oppure la trasformazione in società di capitali comportano obblighi di (valutazione e) capitalizzazione analoghi. Poi, per la parte già liberata, conseguiranno l’assegnazione di azioni o quote; mentre per la parte non liberata sarà necessario applicare per la s.p.a. il comma 3 dell’art. 2500 quater c.c.; per la s.r.l. si potrà seguire lo stesso itinerario che per la s.p.a. oppure capitalizzare il conferimento e, disapplicando il comma 3 dell’art. 2500 quater c.c., capitalizzare l’intero conferimento, previa prestazione di garanzia/cauzione per la parte non liberata.
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